martedì 30 dicembre 2008

Ventiduenne...

Ventidue. Tra la nostre discussioni serie e tante cose che sono cambiate e si sono capovolte, cose negative cose positive, anni bisestili. Oggi, che c'è il sole, che ci sei tu, che ci sono loro, che ci siete voi.


lunedì 29 dicembre 2008

Complimenti reciproci

Grazie a tutti per questi due giorni. Voi sì che mi fate stare bene, voi sì che sapete come prendermi, cosa dirmi. Accarezzando la tensione, le giostre ferme, i tacchetti tatuati sulle caviglie, la mia nuova lampada che fa sembrare questa stanza un pò più mia e un pò meno vostra. Come me. Come me, che devo aver fatto qualcosa di terribile, che se magari me lo spiegate, almeno poi mi metto il cuore in pace.
Un anno fa, si tornava da Firenze. Che era come l'ossigeno, che il resto era veleno. Ora si invertono le prospettive, ma il ventotto e il ventinove dicembre prossimi venturi, piuttosto che stare qui, meglio in Uganda, e che il Signor G e gli ugandesi perdonino il mio citazionismo da quattro soldi, da poche idee.
Te continua ad urlare che tanto non ti sento. Te continua a farti domande che tanto non ti rispondo. Te e l'ennesima altra fortissima delusione, di una mattina qualunque in cui tutto va splendidamente storto, che esplodono di nuovo le connessioni, che esplodono di nuovo i nostri complimenti reciproci .
E domani, sono ventidue.


dimenticare è un bene
ve lo assicuro
dimenticare è un bene

giovedì 25 dicembre 2008

Ventiquattrododici venticinquedodici

Ventiquattrododici, ieri. E non sentirlo. Perchè ci siamo muniti di uno scolapasta di quelli pesi, di quelli testati per un anno intero, per proteggersi la testa dai frontali ai muri. Ma arriviamo allo scontro e i muri crollano, sotto i nostri respiri regolari, che poi aumentano e diventano diciamo concitati, e poi si calmano di nuovo, mentre ci scaldiamo le mani e progettiamo le nostre future gite fuori porta. Mentre ci accoccoliamo in prima fila al concerto dei Massimo Volume, perchè nella mia testa era molto suggestiva l'idea di chiudere i cerchi così, sulle note de Il Primo Dio piuttosto che di Ronald, Tomas e io. E mi stringi quando mi senti tremare, che certe cose dette e sentite sono come piccole scosse elettriche.
Ventiquattrododici, ieri. Camminando per il centro, di un'altra città. Facendo un elettroshock all'iPod, una preoccupazione diffusa di averlo perso per sempre.
Io te e la tua sedia viola. Post Punk 1978-1984 di Simon Reynolds e io che non ci credo e ti ringrazio e ho dimenticato il portafoglio in macchina e fortuna che abbiam preso solo due caffè e ce la siamo cavata con gli spiccioli. Siamo sotto natale e allora va bene anche prendersi un pacchetto di classicissime, e scambiarsi gli auguri sotto l'effetto dei cocahavana, che fanno le tre e non ce ne rendiamo conto e potrebbe essere mezzanotte e siamo ancora lì ad assaltare il bancone e arriviamo a casa e guardiamo l'albero di natale e i pacchetti e con un filo di nostalgia pensiamo a quando ci si credeva davvero. Pensi che certe cose non torneranno più, che certe cose si sono sciolte con l'incedere del tempo. Naturalmente.
Venticinquedodici, oggi. Ovvero, è natale. Evito i messaggi buon natale tanti baci felicitazioni. Mi piacciono le cose vere, mi piacciono le telefonate, i messaggi che partono con un'offesa, le strette di mano.
Farò rifare i muri della mia stanza, per le nostre telefonate notturne, per non svegliare la famiglia e per poterti tenere compagnia.
Venticinquedodici, mentre ascolto El Muniria, e fuori c'è un sole inaspettato, mentre mangiucchio biscotti. Niente scanner, questo venticinquedodici.
Venticinquedodici e scrivo male.


ora che non ho sete di parole
avrei bisogno di parole
parole che cadano in gola come pioggia calda
parole che non sbiadiscano sotto questo sole

lunedì 15 dicembre 2008

Poche parole - Porcupine, Ariano (RO) / Telecapodistria, Capodistria / Etnoblog, Trieste

Si potrebbe parlare all'infinito di questa settimana. Con i nostri stati d'animo che sembrano andati sulle montagne russe. Le rivelazioni e le rivoluzioni, i quadri che cadono, la derbouka che si rompe un secondo prima di andare in tivvì, la maglietta arancione di Arancia Meccanica, il Sant'Orsola. Mi scappa pure un non so perchè m'han preso a suonare con loro, non penso assolutamente di essere così bravo, penso solo a suonare e a crescere un pò e poi tutto quello che viene, viene. Frase nazionalpopolare da pacca sulla spalla e da sorriso paternalistico. Che bravo questo ragazzino, lo avranno pensato tutti, apparte i miei cari compagni che sanno quanto io sia stronzo, nel profondo. Immerso nella stanchezza e nel piacere di essere esattamente dove si sarebbbe voluti essere.
Dicevo si potrebbe parlare all'infinito di questa settimana. Invece non lo faremo. Perchè sono successe tante cose troppe cose, e me le ero pure segnate sulla moleskine perchè la memoria a breve termine non è affidabilissima di questi tempi.
Che comunque le cose importanti le ho già consegnate a chi le meritava.
Adesso siamo fermi e pensiamo a ciò che è meglio per noi, mentre parliamo del coraggio di fare certe scelte e ci spaventiamo entrambi.
Mentre sono ancora mezzo addormentato e tu mi comunichi numeri altissimi.
Mentre parliamo e maledico tutto quello che ho bevuto perchè limita le imprecazioni che ti tirerei dietro.
Adesso siamo fermi, adesso ci concentriamo sulle cose importanti da sempre. Anche se è tutto un gran casino.
Portami ancora a passeggiare su quel ponte, a classificare le scritte adolescenziali, a parlare di quando ci passavi, ma non con me. A parlare di quando io sbattevo la testa chissàdove, e tu non esistevi. A parlare di quando tu cominciavi a sognare l'Inghilterra, e io non esistevo.
Portami ancora, ovunque tu voglia. Che ti seguirò.

Questa volta, solo questa volta. Grazie ad Augusto, Paolino, chiunque abbia bucato la nebbia per venire a vedere i Blake/e/e/e al Porcupine, lunedì. Grazie a Ricky ed Elisa sul versante sloveno di Telecapodistria, a Luca e Fulvio sul versante italiano dell'Etnoblog, per martedì. Grazie alla Banda Berimbau.
Mi dispiace per chi aveva una mezza intenzione di venirci a vedere venerdì all'Officina49 e sabato all'Interzona. Purtroppo è andata così.

venerdì 5 dicembre 2008

La cioccolata calda

Ieri e la cioccolata calda. E ci organizziamo le serate al momento, come tutto il resto. Ci scopriamo confusi, ma ci guardiamo dentro e siamo solo felici. Dici è una questione di pezzi che prima o poi si incastrano. Dico è una questione di tempo è una questione di tempi è una questione di entusiasmi.
E' una questione che adesso ci manca solo una foto.

lunedì 1 dicembre 2008

E' bello, finalmente - MEI, Faenza (RA)


Avvertenza: la mia prima volta al MEI, scindere con l'accetta l'Indipendulo e poco altro, dal resto. Che vale sempre meno. Come le parole già dette già sentite. E spacciate sempre per nuove. Che magari qualcuno ci crede davvero.



Si comincia di sabato sera, con uno scambio di messaggi e telefonate. Mr.33ore mi dice il mio batterista è bloccato in Macedonia non è che vieni a suonare tu mi serve qualcosa tipo una pezza io gli rispondo al massimo ti ci posso mettere un cerotto attaccato pure un pò storto però lo faccio volentieri. Che così ti ritrovi sotto il palco dei fioi grandiosi come sempre a svegliarti dal torpore di una mattina inqualificabile fatta di tanta pioggia e tanto sole e di tergicristalli che sarebbe ora di dargli una sistemata. Che così ti ritrovi ad ascoltare tre canzoni che dovrai suonare un'ora dopo. Nascondere una qualche forma di agitazione rollando sigarette contando mentalmente i quarti e le terzine e che tu non assista al nostro personale bungee jumping. Con un elastico eccessivamente fino.
Siamo sul palco e le canzoni sfilano e faccio il compitino che vista la situazione è tutto tranne un compitino e mi diverto pure e c'è Mr.33ore che mi guarda e mi chiama i finali e il basso che mi guarda e il sax baritono che mi guarda e io ho due occhi soltanto e un set di batteria che è improvvisato e le bacchette prestate. E non so dove guardare. La cassaspia è un ottimo appendino per la giacca. Mr.33ore dice qualcosa tipo alla batteria c'è mattia dei bleichii e lo ringrazio perchè mi ha un pò parato il culo io incasso e ringrazio e penso al cerotto attaccato storto.
e avere voglia di piangere ora
per quando mi mancherai davvero
Vago per i padiglioni ascolto un pò di cose mi danno un pò di ciddì. Mi chiedi una foto insieme e sai che mi imbarazza da morire. Anche se ormai ho imparato grazie a Federica a dilatare la boccuccia. Preferisco i caffè con Sarah. Preferisco provare le batterie CVL che le fanno a tre chilometri da casa mia ma le ho provate una volta di striscio e allora farlo a Faenza dentro una gabbia di vetro mi pare ancora più suggestivo. Con te che passi fuori e ci troviamo così. Con le nostre casualità e le nostre corsie preferenziali.
Guardiamo LLDCE con quell'altro lì alla chitarra acustica e restiamo un pò sconvolti che non è che ci abbia preso troppo bene. Ci domandiamo i perchè ma senza parlarci. Ce lo leggiamo negli occhi. Che sia murato è superfluo, dopotutto è l'Indipendulo.
Dopotutto mi prendete anche un pò per il culo quando mi intercettano e mi passano un demo ascoltalo mi dicono e se ti piace facci sapere. Che forse dipende dal capello biondo, che con uno sguardo un pò più attento magari ci si sarebbe accorti che avevo la Matteite di fianco.
Le riunioni e sono baci e abbracci e le schiene stanno meglio. La modalità Blake/e/e/e e l'ennesimo caffè e l'ennesima sigaretta e mi arrendo e me le compro, che il doityouself a base di cartina-filtrino-pueblo necessita ancora di relativa calma attorno. Sotto la pioggia mi dite la scaletta, versione anoressica.
Il backstage dell'Indipendulo è anarchico, il timpano minimo, il Dondelli saluta e Matteite scende dal palco e mi dice a modo suo con seimila piroette occhio che la cassa è unammerda. Montiamo tutto facciamo un linecheck veloce e avrei voglia di vomitare. Presumibilmente per il caldo, ma non ne siamo sicuri. Guardiamo la gente in faccia guardo te guardo i fioi guardo il tipo che balla anche se non c'è la musica. Ci presentano e siamo in fila indiana e siamo ancora nascosti e si sente parlare di musicisti che hanno scritto e stanno scrivendo la storia recente e presente e futura della musica indipendente italiana e guardo Egle e gli dico bene lo senti sta palesemente parlando di me a voi non vi caga di striscio e lui mi risponde eloquente imbecille e questo è l'attimo prima di salire sul palco. Saliamo sul palco ridendo. Ci prenderanno per matti. Paolo e Marcella attaccano e noi gli andiamo dietro, e si sente bene così bene che quasi ci prende male. Nonostante la cassa sia davvero unammerda. Avanziamo mentre dimentico di aver voglia di vomitare. Ampliando i nostri flash di attitudine glam, andiamo dritti come dei treni e vederti cantare mi viene voglia di cantare anche a me, e la t-shirt blu improponibile e il rullante sono inzuppati di sudore e saranno trenta gradi, sul palco, trentacinque, quaranta, canzone dopo canzone. Quel che resta di Dub-Human-Ism è una cosa che non ci viene neanche in salaprove. Batteria essenziale come fosse spazzolata con il tritacarne, hatetvianamente parlando.
leo è questo che siamo?
Mi stacco dal seggiolino e vi guardo e ti cerco e ti trovo e ti sorrido e mi giro e scendo. E' finito tutto.
look at the sky, for saint lawrence tears
Il nostro postconcerto, il rum scuro e la mia cocacola e la pioggia. Mi piace vederti così ambientata, davvero. Partiamo verso casa presto, ma non prestissimo, con l'idea di arrivarci a tardi, ma non tardissimo. Il perchè alle dieci e qualcosa della sera gli autogrill abbiano il ristorantino chiuso è una domanda cui non troveremo mai risposta. E omaggiamo le mie playlist perchè coprono il rumore della pioggia che scende. Tenendosi lontano dai camion. E dalle canzoni inutili.
Grazie per il caffè, diciamo così. A racchiudere tutto. E' bello, finalmente. Come una cioccolata calda.
e da piccolissimi pezzi, nasce il quadro
E da piccolissimi pezzi, nasce il quadro.