venerdì 29 gennaio 2010

The Blonde Chicken

Ci diremo che una cosa del genere non è esattamente da noi. Che di solito ci manteniamo molto più discreti. Ma adesso va così che oggi siamo diventati cattivi e il plurale maiestatico serve soltanto a darci un tono. A differenziare. Intanto, la colonna sonora è Povera patria di Battiato. I sensi sono lati, ma anche no.
Comunque, oggi siamo vestiti così. Fuori il cielo è quasi grigio. Dovremmo un po' farci l'abitudine.


Comunque, la foto è volutamente piccola. I jeans sono dei levi's che non mi ricordo il modello ma non sono i 511slim che poi sarebbero quelli che preferisco, ma stanno sufficientemente stretti e quindi vanno bene anche questi. Il maglione è della benetton col collo a v e ne ho uno grigio identico, sono quelli che ne prendi due e paghi una cinquantina di euro, o forse anche meno. Li hanno di tutti i colori, ma a me il viola mi ha sempre affascinato. Come il grigio. Quindi magari ho anticipato di un bel po' anche certe mode. La sciarpa è un regalo so la sua provenienza so che è cheap e non mi interessa altro. Si è vista un po' di posti, è stata quasi dimenticata in molti posti. Ma è ancora con me. Il pezzo forte sono senza dubbio i RayBan, una splendida imitazione che ho comperato senza nemmeno provare. Tutti dicono che sono troppo grandi. Io ho la testa grande, quindi non capisco dove stia il problema. Però alla fine, è vero.
Dovrei farmi la barba, dovrei tagliarmi i capelli. I braccialetti sono degli stupidissimi elastici per capelli, che non è che sia un feticista, semplicemente mi sono stati regalati. E la foto me la sono fatta da solo, con l'autoscatto. Sono felice, davvero.

Signorina Chiara Ferragni, tanto di cappello. Che tra l'altro nella mia mise di oggi, non c'è. Trenta secondi per imparare le tue lezioni sui vuoti di pressioni nel cervello. Per capire come si fa a finire sui giornali. Quasi mezz'ora per scrivere male, malissimo, per scrivere come te. Perché non vedi l'ora di finire gli esami per andare all'estero, perché l'Italia è retrograda. Potremmo prendere l'aereo insieme (anche se tu sarai ovviamente in prima classe), e allora sarà divertente guardarci negli occhi e dirci sai me ne vado perché la moda a Parigi è tres chic e sai me ne vado perché di gente come te non ne posso più. E allora mi renderò conto di essere davvero condannato.
Riquoto che se mi cercate, sono nudo sul tetto di casa, fatto di LSD, alla Funeral Party. Al massimo scenderò per cancellare questo post.

martedì 26 gennaio 2010

Era qualche mese fa.

E poi ovviamente tra le tante cose mi hai detto fai un post. Che poi è solo una specie di forma mancata di terapia del silenzio. Perché così tutto era nato. Che poi le frasi sono troppo brevi e non uso il puntoevirgola, adesso. E mi sa che neanche si rilegge questa volta, o forse sì. Sai, siamo tornati dal tour in Francia dove ci siamo moderatamente distrutti e mi sono portato via anche i libri per studiare che giovedì ho un esame a cui ci tengo anche. Poi ovviamente non ho aperto i libri perché il furgone era ingestibile come le notti come le mattine e i nostri ritardi congeniti. E oggi pomeriggio sono rimasto a passeggiare per la casa senza fare niente apparte un diagramma del modello di Vaughn sull'emozionalità la razionalità l'alto e il basso coinvolgimento: ho piazzato le L di Learn le F di Feel le D di Do a seconda di come vanno messe. Che poi le L F e D sono il modello di Lavidge e Steiner mentre su Vaughn con le slides troppo distanti ho anche i miei dubbi.
Comunque sì, l'obbiettivo è questo e non è il tour, il tour che quando ci saremo raffreddati allora sarà facile parlarne. Che sono successe cose. L'obbiettivo sono io e tutti i miei difetti e questa giornata sbagliata di altri nomi e altri modi per perderli di nuovo. L'obbiettivo sono io e tu che mi hai detto che scrivo come suono e allora ho sorriso ma sottosotto ho cominciato a preoccuparmi per come suono.
L'obbiettivo è che ho sbagliato molte cose e come sempre non riesco ad arginare la piena. Perché parlavamo non troppo tempo fa del fatto che questa la si potrebbe anche chiamare felicità, se ci fossero un po' di aggiustamenti, e adesso se ci penso a quella birra e a quei cicchetti mi sembra di tornare indietro di secoli.
E ogni volta è sempre così e allora penso sia colpa mia. E allora lo dico qua e non si capisce niente ma magari qualcuno capirà. E basta che tutto questo l'ho scritto in tre minuti e adesso non so che altro scrivere.
Sarà che c'è odore di coventrizzazione, ed è una parola che non usano in tanti. Ma il significato c'è, il senso c'è, il rapporto tra cause ed effetti e ciò che resta, compresa tutta la voglia di questi giorni, di sentirmi bene, di farmi bene.
Sarà che è tempo di crescere un po' e di farsi le ossa più robuste, di prendere i cocci e studiare il da farsi. Di riprendere pubblicità e darci dentro che sono mesi che ci sto dietro. Ma sai che le coincidenze ci sono sempre venute male, che pubblicità è poi lo specchio di te e di me e di tutto il silenzio della mia riservatezza. Che le coincidenze ci portano a non sapere cosa seguirà al prossimo passo. Che ancora tre settimane e poi ci fermiamo e probabilmente si fermerà tutto e allora staremo male perché staremo persi.
Perché il puntoevirgola non lo so usare e fuori c'è il nevischio e tra le tante cose devo scrivere un pezzo che poi è abbastanza allegro e quindi oggi non posso fare nemmeno questo.
Perché cronache dagli o degli anni zero non lo so come si chiama perché a quant'ho capito hanno sbagliato la stampa è praticamente uscito, e dentro ci sono anch'io e mi sa che mi toccherà persino comprarmi una copia e la cosa mi fa beatamente incazzare.
Perché oggi va così e forse sbaglio da mesi e oggi è solo la punta di un iceberg e tu che mi scrivi in chat solo per dirmi se ho voglia di parlare ma poi tu tutta questa voglia di ascoltare non sembri avercela. Ma forse mi sbaglio anche qui. Anzi sicuramente è così.
E gli occhi gonfi erano anni. Anzi no, sbaglio anche qui. Era qualche mese fa. Te li ricordi?

sabato 2 gennaio 2010

Ciò che resta di noi sotto il tappeto, ancora.

Duemilaenove. Ventitrè. Io. Me. Dall'Officina49 al Pao Long Beach. Il Circolo degli Artisti e la Lomax. Mangiare sushi a colazione. Le ore piccolissime. I tuoi occhi. I litigi col metronomo. Gli assalti agli autogrill alle quattro del mattino. La Drum Sound. La Roland. Le fotocopie di Diritto. Vienna. Amsterdam. Parigi. Berlino. L'onomastica emiliana a Ourcq. Le occupazioni francesi. L'Unwound. 1407. Avremo altri nomi e altri modi per perderli di nuovo. Gli spaghetti alle vongole di Egle. L'albergo di Zilina e il pavimento di Brno. Le mie penne tonno e zucchine. L'inattesa piega degli eventi. La nostra guerra. I tuoi occhi, ancora. Le tue mani. La moleskine in pensione. Il Mac pagato in contanti. Le cene di pesce e le bottiglie di pinot grigio. Remind Me urlata al concerto dei Royksopp. Lo Zacapa. Il Drum Bianco e le Winston Blu. Matilde e i suoi tre padri. Il camerino dello Spazio211. Il camerino del Locomotiv. Il tempo delle mele elettroniche. Il tempo di ricucirsi i polsi. Il Vacuum studio. Vers quelque part. L'ultima occasione. I laboratori di pubblicità. Il primo e l'ultimo dio. La valse d'Amélie. Salsiccia e friarielli. I cicchetti salernitani. I gatti di Traverso. I tuoi occhi, ancora, sarà che sono troppo grandi e troppo profondi per me. Jesus is back. Obama. I ritorni notturni. I ritorni mattinieri. Le comuni in montagna per capodanno. I canederli. Tè. Il Miami festival dei baci e dei miei occhietti spenti. Alcuni dicono buonanotte, la sera. Psycho killer. Le discussioni infinite. I progetti insieme. Ragazza eroina mi chiedo come fai a non cadere mai. Gli abbracci con Appino. I secret show. I cinquanta concerti fatti. Il basso con l'envelop filter. I Tortoise sempre e comunque. I risotti di Marcella. Le vellutate di Marcello. I venerdì a pranzo dal Pizza. L'universitario ritrovato. Montieri. La neve. Ciò che resta di noi sotto il tappeto. Ciò che resta in testa e verrà dimenticato. Te che ogni tanto mi manchi. Te che ogni tanto ti odio. Le biografie. Venire abbandonato per strada con due gradi e una sigaretta. La chiusura del SestoSenso. Il mio tono sgarbato. Le colazioni di Dresda. Il mostro di Dusseldorf. Le stelle cadenti. La pasqua in barca. I macchiatoni decaffeinati e gli shakerati decaffeinati e la prossima volta prendetevi un bicchiere d'acqua. La mia vita disegnata male e l'Internazionale a Ferrara. Le luci della centrale elettrica, sempre. I dischi dell'isola deserta. La Kalsa. La nausea. La busta del tabacco. La custodia della Shure. Le testate al muro quando piove fuori le telefonate notturne quando piove dentro. E vaffanculo a questa cazzo di marea che sale. Le coincidenze mancate. I regionali delle 6.o2, antimeridiane. Rage. La stagione dell'amore. La stagione dell'odio. L'oroscopo di Brezsny. Alexander Platz. Place de la Bastille. Ciao Mattia, dormito bene?