La sala prove era un bordello. Disordinata come un garage imbucato dieci metri sotto terra, da troppo tempo dimenticato. I volantini sparsi erano davvero pavimenti, la luce più fioca di come la si ricordava. Rimane quel bigliettone biancorosso del BigFishFestival, pestato da mille scarpe, con quei tre gruppi del 23 settembre che hanno avuto destini contrapposti, antitetici. Sembra sia passato un millennio, era solo il 23 settembre. Rimangono cataloghi di batteria vecchi di mille anni et trovati lì il primo giorno in cui ci si è entrati in quel buco sotterraneo
Il glockenspiel inscatolato che se lo sfiori tira fuori suoni a tratti inquietanti, a tratti imbarazzanti.
Sotto la coperta arancione sbiadita sporca rotta, ci stava addormentata la drumsound, con la riproduzione della pelle della grancassa dei Beatles appiccicata sulla pelle della grancassa, con il rullante comequellidiunavolta moderatamente scordato, con i piatti sfiniti dal troppo pestare. Nell'attesa di smetterla di farsi accarezzare in solitudine con le spazzole. Perchè ieri sera in sala prove non c'era spazio per le spazzole, aut per una persona sola. Ieri sera si era in tre. Ieri sera si suonava con le bacchette viola, quelle classiche, quelle che ne avrò distrutte mille paia et che da anni mi accompagnano. Non ne trovo di meglio. Come una volta, sembra sia passato un millennio.
Et c'è la fondata certezza che non sarà una bolla di sapone, rivedere quella stratocaster bianca et quel cort nuovo di pacca.
Intanto si è ri-cominciato, con tutta la voglia che ci farà montare un mostro ipertecnologico fatto di mac glockenspiel mixer microfonidistorti looper tastierinemute et qualsiasi altra cianfrusaglia abbiamo a casa. Et che prenderà vita et ci mangerà vivi. Il tutto da settimana prossima.
Et le mancanze si colmano, et provo emozioni da dodicenne (come espletato in una mail inviata ad una persona cara a cui voglio un bene dell'anima et che tanto mi ha aiutato in questi hardtimes di dickensiana citazione), inaspettate et abbastanza innocenti. Et mi fermo qui, che certe cose le coltivo da me, che sono scie di pura gioventù, che sono produzioni seriali di cieli stellati...
Il glockenspiel inscatolato che se lo sfiori tira fuori suoni a tratti inquietanti, a tratti imbarazzanti.
Sotto la coperta arancione sbiadita sporca rotta, ci stava addormentata la drumsound, con la riproduzione della pelle della grancassa dei Beatles appiccicata sulla pelle della grancassa, con il rullante comequellidiunavolta moderatamente scordato, con i piatti sfiniti dal troppo pestare. Nell'attesa di smetterla di farsi accarezzare in solitudine con le spazzole. Perchè ieri sera in sala prove non c'era spazio per le spazzole, aut per una persona sola. Ieri sera si era in tre. Ieri sera si suonava con le bacchette viola, quelle classiche, quelle che ne avrò distrutte mille paia et che da anni mi accompagnano. Non ne trovo di meglio. Come una volta, sembra sia passato un millennio.
Et c'è la fondata certezza che non sarà una bolla di sapone, rivedere quella stratocaster bianca et quel cort nuovo di pacca.
Intanto si è ri-cominciato, con tutta la voglia che ci farà montare un mostro ipertecnologico fatto di mac glockenspiel mixer microfonidistorti looper tastierinemute et qualsiasi altra cianfrusaglia abbiamo a casa. Et che prenderà vita et ci mangerà vivi. Il tutto da settimana prossima.
Et le mancanze si colmano, et provo emozioni da dodicenne (come espletato in una mail inviata ad una persona cara a cui voglio un bene dell'anima et che tanto mi ha aiutato in questi hardtimes di dickensiana citazione), inaspettate et abbastanza innocenti. Et mi fermo qui, che certe cose le coltivo da me, che sono scie di pura gioventù, che sono produzioni seriali di cieli stellati...
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