venerdì 29 ottobre 2010

Per una volta.

E' arrivata in silenzio questa notte. Come le foto stempiate quando il vento ci prende in giro. Come quando hai portato le tazze la cioccolata calda gli amaretti da sbriciolare e io in cambio solo le mie solite cattive abitudini, che però si sono sposate benissimo. Per una volta.
Quando abbiamo preso le nostre poche parole sbagliate e le abbiamo riversate su di un microfono ignorando gli esiti ma riempiendoci da soli di brividi. Il monolite che mi porto dentro per una volta ha dovuto ammettere che le intuizioni erano giuste. Evitando quelle calli veneziane che sono proprietà dei turisti, scegliendo quegli scorci e quegli squarci che sopperiscono anche alle cene mancate. Quando gli occhi sono attenti quando incrociamo un paraurti per la strada e troviamo una macchina dentro ad un giardino, rovesciata. Con te dentro che tremi ma che non ti sei fatta niente e questo è già moltissimo. Con io che impazzisco per un diciotto perché è tempo di finirla e ormai è un discorso ricorrente quello che ho quasi ventiquattro anni quindi non mi dispiacerebbe cominciare a fare le cose seriamente. Come tutte le volte in cui cominciamo un discorso parlando di una casa nostra che non c'è. Andrebbe bene anche una stanza.

mercoledì 20 ottobre 2010

Trenta centimetri.

Ci siamo stravolti e siamo tornati come certi dischi e certe situazioni che ciclicamente ci ritroviamo qua, inaspettate, come le tue battute fuori luogo, come le mie assenze come le tue assenze. Come quelle telefonate con il fiatone che sottintendono rapporti fraterni che non avremo mai e che alla fine è giusto così. Come i racconti commissionati e tu che mi guardi e cerchi le parole più giuste per parafrasare un non si capisce un cazzo più che legittimo. Che poi è perché davvero non ci capisco nulla di quello che sto vivendo e del modo in cui mi curo e quindi di cosa vuoi che scriva di cosa vuoi che canti? Davvero mi devo arrendere all'evidenza anche solo per spiegarmi perché quando discutiamo mi ritrovo ad estremizzare la mia posizione solo per una questione di principio, una questione privata di una camera con un nido d'api di ultimissima generazione incastonato appena sopra il poggiolo, ma che sembra possa resistere per secoli. Arriveranno i pompieri mentre dormono e bruceranno la loro casa e poi verranno da noi e ci bruceranno i libri come nei film che vediamo arrivando in ritardo. Mentre abbiamo stipulato questa cosa che arrivare cinque minuti dopo non è classificabile come ritardo. Mentre abbiamo preso il treno e la pioggia e siamo finiti ad una festa a tema dove il tema della serata lo conoscevano in pochissimi e non c'erano poi tutti questi indizi a ricordarcelo. Mentre siamo ritornati a velocità supersoniche non prima di aver fatto un salto nel passato tra gli autografi di Jeff Buckley e i primi manifesti, quando tutto era cominciato e quando non avevi idea che un giorno ti saresti trovato di fronte a me a tentare di infilare il filtro nell'ennesima sigaretta della giornata. Quando i giochi del destino che non esiste sono per lo meno beffardi, e ho rinunciato ad essere obbiettivo dopo una manciata di secondi, che sarebbe stato come convincersi di voler smettere di fumare mentre si sta andando dal tabaccaio.
E ho dovuto fare una lista delle cose che devo fare perché sennò saremmo persi per sempre, mentre gli occhi di Vladimiro mi guardano ma non mi vedono perché ha venti giorni e non arriva a trenta centimetri dal suo naso. Allora mi tolgo gli occhiali pure io così a trenta centimetri di distanza entrambi non vediamo niente. Però sembrava quasi che sorridesse, ma forse è perché a volte si vede quello che si vuole vedere, come trovarti a passeggiare sotto i portici quando sarai in qualsiasi altra parte del mondo ma non sarai mai lì.
Mentre hai ragione anche te che certe citazioni diventano un patrimonio indie, che ce le fregano e non si possono più usare, e forse è anche per questo che ci arrivano i dischi prima, così almeno per un mesetto possiamo utilizzarle tra di noi nelle nostre mail e nei nostri carteggi. Ma se ci pensi non è giusto. Ma quante cose sono sbagliate.
Invece pensa, che avevamo così tanta voglia di tornare, che non lo abbiamo praticamente detto a nessuno.

lunedì 11 ottobre 2010

Rock'n roll will never die (io che odio i titoli in inglese)

Appiccicata al muro c'è una cartolina un po' così. Strana nel senso che altri termini non ne ho trovati, anche se ci penso da qualche giorno. L'ho presa una vita fa in qualche autogrill sperduto in Germania, quando eravamo troppo preoccupati a vivere i momenti per pensare a qualsiasi nostra azione per più di cinque secondi. Per lo stesso motivo, insieme a questa cartolina, ne ho presa un'altra bianca con una palla arancione in mezzo, che poi se si guarda bene, è un uovo al tegamino. Quel giorno sembrava la cartolina definitiva, il disegno perfetto, l'equilibrio. Invece è solo un inutile uovo al tegamino. Ma dicevo, riguardo l'altra, che più che una cartolina è una vignetta a forma di cartolina, un disegno a matita su sfondo ocra, di un vecchio ciccione con una chitarra in mano, e la pancia che trasborda ben oltre il corpo dello strumento. Il tipo sembra David Crosby ma molto più preso male, jeans e maglietta bianca, bottiglia di vino sull'amplificatore. Noi eravamo magri e sciupati e in ritardo per il concerto della sera, come ogni sera. Sembrava perfetto. Tutto secondo dei piani che ci erano stati cuciti addosso e che calzavano splendidamente. In bianco, in piccolo, c'è scritto Rock'n Roll will never die. Dichiarazioni d'intenti, modus vivendi, stili di vita che andrebbero bene anche per una partita sbilenca a Saltinmente. Di paranoie ne ho già una collezione autunno-inverno-primavera-estate, anche senza le analisi di tutte le cose che mi porto dentro o che al massimo attacco ai muri. Adesso mi ritrovo a guardarla e non ci vedo nulla di perfetto, ci vedo quello che non c'è e quello che non c'è mai stato, il rock'n roll che mi ha sempre sfiorato, che anzi mi fa incazzare per quanto non riesca a trovarlo quasi mai interessante e per quanto lo si possa proporre con superficialità. Come ieri, te lo ricordi? Questo procedere diritti per sempre, questo non voltarsi indietro mai, anche quando dall'amplificatore viene fuori il suono del grasso che stoppa le corde. Che è una metafora perfetta, che adesso la presunta perfezione non è nei contenuti ma in quello che viene dopo. Questa forse non è nemmeno una domanda, però la cosa fastidiosa è che se anche trovassi un modo per piazzarci un punto interrogativo alla fine, la risposta sarebbero lunghi silenzi e qualche attimo di sospensione.
Fotografare la cartolina e postarla, sarebbe stato eccessivamente semplice.
Ordinare le cose che mi passano per la mente, quando mi blocco davanti ad una parola, quando la pronuncio trenta volte fino a che perde ogni significato, quando rileggo e penso a tutto il resto che non ho avuto la forza di dire. La bravura per dirlo, soprattutto. Adesso che penso alle citazioni più disparate, nessuna di queste è vagamente rock'n roll.
Cambierei molte cose, un po' di leggerezza e di stupidità.