martedì 23 settembre 2008

Giuro che ci provo


Carissima,
giuro che ci provo. Giuro che provo ad essere mediamente decente, provo a cambiare, ad essere più docile, a smussare gli spigoli. Magari non è quello che vuoi tu, magari sono io che sbaglio, che non capisco. Dopotutto, siamo l'incrocio tra cosa siamo e cosa gli altri vorrebbero noi fossimo. Cosa vorremmo essere. Ci adattiamo, per sopravvivere.

Questo mondo ti vuole splendente, e in ottima forma.

Io non mi sento per nulla splendente, e accantono il mio essere stronzo per un qualcosa di più alto, per una tranquillità cui mi appiglio ogni giorno con le unghie che non ho, mangiate per preservare la mia testa da infiniti frontali contro il muro. Con quel briciolo di sicurezza in più fatta di sogni che lentamente si materializzano, mentre il resto frana in silenzio. Perchè nello sbriciolarsi delle convinzioni pre ventenni è necessario trovare qualcosa che sorregga, almeno fino a quando finiranno le tempeste, almeno fino a quando imparerò a governare questa cazzo di barca e non mi sentirò sprofondare ad ogni onda un pò più alta, un pò più forte.
Ti porterei a bere un bicchiere di vino, in quel posto dove i prezzi sono vaghi, mutevoli. Dove il prezzo cambia ogni giorno. Perchè così sposteremmo le nostre attenzioni a problemi meno esistenziali, perchè così lo scoglio della conoscenza sarebbe già stato superato. Perchè ci credevo, più di adesso che metto in random l'iPod perchè sono stufo di sapere già che canzone seguirà a quella che sto ascoltando. Perchè ci credo, perchè sono fatto così, e continuo a pensare che sono onde, che ci alziamo e ci abbassiamo, che andiamo sotto e voliamo, a seconda dei tempi migliori o peggiori. Forse è il mare, forse lo sento dentro più di quanto non creda.
O forse anch'io, semplicemente, dovrei smetterla con ciò che mi consuma, dovrei cambiare nome per un pò e aspettare che qualcuno mi trovi, da un'altra parte, in un altro posto, con un bicchiere di vino dal prezzo certo, dal gusto conosciuto. Sacrificare le onde, cercare la stabilità. Tornare bambino, in montagna, col berretto di lana calato in testa e le guance rosse, uscire dall'albergo la mattina e alzare gli occhi verso il Sassongher sapendo perfettamente di trovarlo là, immobile possente quadrato.
Quanto mi manca, quanto mi manchi.
Ma tu sei più simile al mare che adesso ho davanti agli occhi, che al Sassongher, sempre più un ricordo lontano e innocente.

Mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata.

Ma tu sei più simile al mare e io mi ci butterei dentro lo stesso. Perchè sono fatto così.
Perchè guardo il pacchetto di classicissime vicino alla tastiera e penso che dovrei smetterla con le sigarette. E in fondo so che accendermene una sarà la prima cosa che farò quando mi alzerò da questa sedia.

1 commento:

Anonimo ha detto...

questa è la cosa più bella.
la più bella, davvero.