lunedì 13 ottobre 2008

Perdersi magistralmente - La Casa 139, Milano


"Stasera ci vogliono palle ferme"
O, la migliore alternativa, poteva essere: "Ehi. Spacca."
Via essemmesse che fa sempre piacere.


Comunque, ormai ci è preso meglio. Ormai sappiamo cosa va e cosa non va, e quindi non ci facciamo spaventare neanche dal troppo traffico e dalle troppe curve di via Ripamonti. Che Milano per noi è una strada, e neanche tutta, che poi magari è così lunga che ci perdiamo. Ma si sapeva, si sapeva del cielo notturno illuminato a giorno, del veleno, di quel posto che attira perchè odora di alienazione, dove ci si perde magistralmente e dove ci si può distribuire in un locale di due piani anche solo per fumarsi in santa pace una sigaretta. Un posto bellissimo, nelle sue sfumature di grigio.
E ci portate a mangiare a cinquanta metri dalla Casa139, che così almeno assaporiamo un pò di smog. E rischiamo di farci buttare sotto dalle macchine della polizia. E gli sbirri in bicicletta come fossimo a Miami. E torniamo e ci riempiono i bicchieri col massimo consentito, mentre Egle suona Sabbia forse perchè gliel'ho chiesto io, a cena pochi minuti prima. Che ridevamo di quanto sarebbe stato bello spiazzare tutti facendo gli stronzi. Che ridevamo di quando finalmente riuscirà a mangiare con calma, con noi, senza dover arrivare dopo ed andarsene prima.
Sali sul palco e guardi la cassa da 20" della Yamaha che ti hanno dato in dotazione, e pensi che non può durare tutto il concerto, che è talmente leggera che si sbriciolerà sui colpi storti di Time Machine. E cominci in apnea, fino alla mia personalissima Cima Coppi, che viene relativamente presto, e allora poi è una discesa. E ci prende così bene che a tratti abbiamo quasi un'attitudine rock, con le teste che si muovono e i sorrisi segnati dalla fatica di andare dritti sempre e comunque con un bitrate più o meno costante. E mentre armeggio il triangolo penso che sto dando delle mazzate a quello che ero. E mi piace.
E ti rendi conto che a tratti è perfetto.
E poi finisce tutto che nemmeno ti accorgi, allora decidiamo che possiamo finire anche noi, ci riempiamo i bicchieri e svuotiamo il credito dei cellulari, appollaiato su quell'amplificatore della Orange che ci avrei scommesso che si sarebbero presentati proprio con quello.
Finiamo di parlare che mi hai scaldato il cuore, e scendo e Amaury Cambuzat mi fa i complimenti, e ci metto un secondo a metterlo a fuoco. Giusto per dare un tono alla voce, presa a pugni dal cocahavana e dalle sigarette.
E partiamo tardissimo, e la nostra colazione alternativa delle tre di notte si trasforma in uno spuntino salato che non ci sveglia ma ci affossa. E buchiamo la nebbia, per arrivare a Bologna alle 7 di mattina.
E' fatta/a/a/a.

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