sabato 15 novembre 2008

Il diluvio universale - Teatro Cicconi, Sant'Elpidio a Mare (AP)


"Tutto bene?il tg dice che ieri a s.elpidio c'è stato il diluvio.."

Andiamo oltre un semplice concerto. Andiamo oltre, anzi andiamo indietro. A quando le coincidenze sorridono, a quando ci giriamo dentro e non possiamo che sorriderci di rimando. Con i denti rotti dai manganelli invisibili che poi sono le tue ambiguità che poi sono il mio pane quotidiano.
Ci scambieremo l'indirizzo quello vero, senza le chiocciole, ci spediremo lettere, e mi farai tornare bambino e io ti ringrazierò, scrostando la ruggine di troppe tastiere. Di troppi linguaggi binari per il nostro stomaco sostanzialmente ottocentesco.
Ci scambieremo ancora messaggi così, ora che sta tornando il freddo, ora che tante cose sono cambiate dall'inverno scorso. Prendiamo le cose nel verso giusto, ci proviamo, respiriamo forte l'aria intrisa di pioggia e aumentiamo il passo. Nella gelida Bologna, che è bellissima e lucente ma in fondo fino ad un certo punto, che mi dici che le cose da dentro hanno sempre un altro gusto, un pò più dolce.
Accendiamo le luci della centrale elettrica in una libreria di via Mascarella, dove ci sono quasi arrivato da solo, dove sono stato volutamente abbandonato. E ridiamo a rivederci dopo mesi a raccontarci di alcolici introdotti di soppiatto nei camerini piuttosto che di processioni di infanti e carrozzine che escono dai backstage mentre dentro ci sono i tornadi.
E poi ti scrivo da un ponte sopra la ferrovia cercando con lo sguardo la locomotiva che sta fuori del Locomotiv, dove si trova di quella gente che non ti aspetteresti mai, e che ti puoi dare miliardi di appuntamenti che tanto ti potrai incontrare solo così.
Poi arrivano i collassi casalinghi altamente inaspettati, quelli che la pressione va sotto i piedi. Quelli che un pò ti prende male ma sei un pò troppo stupido per ricucirti i polsi sul serio. Benvenuto nel club del cuore fossile.
Abbiamo preso tanta di quell'acqua per arrivare a Sant'Elpidio a Mare che ce la ricorderemo per sempre. Una sorta di diluvio universale. Che ci ha dato il buongiorno a Bologna e ci ha accompagnato ad oltranza. Abbiamo scalato le colline mentre le colline crollavano e si improvvisavano i fiumi, mentre entravamo in un borgo che se fossi un distinto uomo medio mediamente sciacallo giuro mi ci trasferirei domani. E il Teatro Cicconi risuonava come uno studio di registrazione, e quando i fulmini facevano saltare la corrente noi caricavamo le spie di tutti i suoni possibili, perchè volevamo farci entrare i decibel nell'intestino. Inchiodando il tappeto e la cassa della batteria con i chiodi, che sembrava volesse scappare via. E la pioggia ci ha inondato per le viottole del centro con le grondaie che ci piangevano in testa, un pianto di quelli epocali, quelli che un ombrello in due non basta. Passiamo davanti alla casa di riposo e dico ad Egle bene le nostre strade si dividono qui ed Egle mi dice sei davvero uno stronzo per essere un neonato e ci ridiamo in faccia e ci abbracciamo sotto l'ombrello bagnati fradici, mentre penso che non sarò mai in grado di rollare le sigarette come le rolla lui, tagliando via un pezzo di cartina prima di metterci il tabacco e il filtro.
A cena ci rifilano tanta di quella roba che alla fine non abbiamo neanche più i baffi da leccare, che se avessi tre stomaci che lavorano in simultanea giuro mi ci trasferirei domani, a Sant'Elpidio a Mare, che ha tutto tranne che il mare, e la stazione dei treni.
Sarà stato il palco di un teatro o l'umidità che sembrava andassimo in giro con i piedi scalzi o Egle che ci suona prima, ma siamo meno tesi del solito, e lo stomaco non si sigilla completamente come nelle precedenti puntate. O magari eravamo solo troppo impegnati a provare a digerire. E così ci siamo divertiti, e così ci siamo guardati poco, e così senza pensarci troppo abbiamo sfilato la scaletta ingoiando caramelle e sogghignando tra un pezzo e l'altro.
Il camerino, e quel gruppo che qualche anno fa c'ha dimenticato dentro un buon quantitativo di hashish.
La tua serata che a giudicare dalla voce è stata tranquilla disturbata dalla mia telefonata delle zerozerotrenta.
La nostra serata analcolica.
Quel cane bagnatissimo che tremava all'ingresso e ci guardava e ci intenerivamo molto più che per certi esseri umani e la coperta non dico per esaltare uno spirito animalista che non abbiamo mai avuto ma almeno per asciugarlo un pò. Attodefinitivo lo abbiamo chiamato, e che poi è sparito.
Così finisce, con una Bologna quasi pronta a svegliarsi e noi inspiegabilmente ancora troppo svegli per andare a dormire. Mi rigiro nel letto, con un AC30 a fare da comodino, a ripensare ai discorsi seri che avrei voglia di farti. A mettere una sveglia che non sentirò mai. A mettere una sveglia che non ho sentito. Per svegliarsi e specchiarsi i denti rotti dai manganelli invisibili. E vedere che in realtà, i denti sono integri, e lo sono sempre stati.

1 commento:

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu