Ti riempirò di fiori, con la terra e i vasi, così da essere sicuro di non mancarti.
Ci riempiremo di domande su cosa vogliamo fare di questa estate, che prima non arrivava mai e adesso un po' ci sfugge, che a Padova sono quaranta gradi e ci stiamo sciogliendo per niente, che a Bologna non si può stare in casa, che poi tecnicamente la casa non è neanche mia. A Milano dici l'asfalto scotta anche attraverso i sandali, qui ti rispondo il cervello ha preso fuoco anche con l'aria condizionata accesa. E attorno a tutto questo restano delle mail a cui rispondere e le newsletter che non abbiamo mai voluto ricevere, e cose da sistemare e caffé da prendere senza curarsi troppo di darsi delle priorità.
C'è Marco che ha venti mesi e non capisce troppo ma senza dire niente colonizza la spiaggia, e ci giochiamo insieme costruendo castelli di sabbia che durano qualche secondo. Il tempo per permettergli di schiacciarli con le mani, e la bocca incrostata di sabbia. E non capisce troppo perché non ti sente nemmeno quando lo chiami, a meno che non gli convenga, come i gatti. E ride e infila la testa nella sabbia, come gli struzzi, forse proprio perché non capisce troppo. Mentre smetto di chiedermi perché sono andato a studiare in spiaggia, che forse non capisco troppo nemmeno io.
Strumentali nelle orecchie, pensieri che sfuggono, parole che non dici, ma che ti porti dentro. Pensieri troppo veloci per fermarli su un pezzo di carta, su un foglio excel, sul display di un cellulare troppo vecchio per funzionare ancora. E intanto Marco cammina tra gli ombrelloni, sbanda di tanto in tanto, scivola ma non piange. Tutti lo controlliamo da distante, senza intervenire. Sarà che secondo me non capisce troppo, ma sembra aver capito tutto.
Ci riempiremo di domande su cosa vogliamo fare di questa estate, che prima non arrivava mai e adesso un po' ci sfugge, che a Padova sono quaranta gradi e ci stiamo sciogliendo per niente, che a Bologna non si può stare in casa, che poi tecnicamente la casa non è neanche mia. A Milano dici l'asfalto scotta anche attraverso i sandali, qui ti rispondo il cervello ha preso fuoco anche con l'aria condizionata accesa. E attorno a tutto questo restano delle mail a cui rispondere e le newsletter che non abbiamo mai voluto ricevere, e cose da sistemare e caffé da prendere senza curarsi troppo di darsi delle priorità.
C'è Marco che ha venti mesi e non capisce troppo ma senza dire niente colonizza la spiaggia, e ci giochiamo insieme costruendo castelli di sabbia che durano qualche secondo. Il tempo per permettergli di schiacciarli con le mani, e la bocca incrostata di sabbia. E non capisce troppo perché non ti sente nemmeno quando lo chiami, a meno che non gli convenga, come i gatti. E ride e infila la testa nella sabbia, come gli struzzi, forse proprio perché non capisce troppo. Mentre smetto di chiedermi perché sono andato a studiare in spiaggia, che forse non capisco troppo nemmeno io.
Strumentali nelle orecchie, pensieri che sfuggono, parole che non dici, ma che ti porti dentro. Pensieri troppo veloci per fermarli su un pezzo di carta, su un foglio excel, sul display di un cellulare troppo vecchio per funzionare ancora. E intanto Marco cammina tra gli ombrelloni, sbanda di tanto in tanto, scivola ma non piange. Tutti lo controlliamo da distante, senza intervenire. Sarà che secondo me non capisce troppo, ma sembra aver capito tutto.
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