giovedì 3 maggio 2012

Considerazioni su un pareggio diverso dagli altri.


Ammetto sia molto strano, parlare di queste cose in questo modo. Soprattutto qui, dove ci torno sempre meno, dove ho sempre evitato di parlare di molte cose, al massimo accennandole. Ma ieri sera, durante Juventus-Lecce, terzultima di campionato, possibile primo match point per lo scudetto contro una squadra praticamente spacciata e in dieci uomini, dopo una partita dominata ma non chiusa, dopo lo sciagurato errore di un signore che piglia una vagonata di milioni l'anno e che con tutto il bene del mondo è lontano dai fasti di un lustro fa, dicevo durante Juventus-Lecce 1-1, è successo quello che è un piccolo, immenso, dramma.
Per me, ovvio, perché qui si parla di me. So che Buffon avrà fatto fatica ad addormentarsi stanotte, ma sono cazzi suoi, e sarebbe troppo riduttivo fare il populista dicendo che se prendessi io tutti quei soldi andrei sempre a letto beato e contento. Cioè, l'ho detto, ma non lo penso, anzi immagino questi due metri d'uomo bestemmiare tutta la notte, e dispiace. Come mi dispiace per qualsiasi atleta che non sia del Milan, dell'Inter o del Real Madrid.
Non c'è un motivo reale per essere juventino, da sempre. Torino è distante centinaia di chilometri da casa mia, casa mia ha una squadra che fino all'anno scorso aveva la maglia granata (prima che arrivasse uno con i soldi e qualche discreta mania di grandezza, e smontasse e rimontasse due squadre, cambiando ragioni sociali, colori sociali, perdendo una delle più belle curve del nordest, una curva che in serie D faceva una media di 500 persone, ma questi sono altri discorsi...) in onore di due fratelli morti schiantati contro la basilica di Superga, in quella che è stata la fine del Grande Torino. Invece sono juventino, passione trasmessa da mio padre, mentre da piccolo tutti erano del Milan, che in quegli anni stravinceva. Alle elementari ero l'unico in mezzo a uno stuolo di rossoneri, ricordo di essere stato costretto a tutti i compleanni altrui del 1994 a guardare Milan-Barcellona 4-0.
Ma son sempre stato fiero di questa inspiegabile appartenenza, sarà che il calcio mi è sempre piaciuto, sarà per i ricordi sfocati di mio padre, con la maglia nera da portiere come quella di Dino Zoff. Sarà che non ho mai potuto farmi l'abbonamento anche se c'ho pensato per anni, sarà che ho scelto altre strade, ma ogni volta che c'è stata la possibilità, da ormai quasi venti anni, non ho dubitato un secondo per prendere il biglietto e andare allo stadio.
C'ero a Padova quando Baggio ha infilato una punizione sul sette prima di lasciare il testimone a Del Piero per i successivi diciotto anni (il gol vittoria fu di Ravanelli, che si incazzò con Lippi per averlo lasciato fuori), c'ero a Torino quando abbiamo vinto lo scudetto contro il Bologna (tripletta di Inzaghi, gol e magie assortite di Baggio), c'ero a Perugia quando ci hanno annegato per farci perdere il tricolore (non c'è niente altro da ricordare, se non che un intervallo di un'ora è quantomeno surreale, che la metà campo della Juve era stata drenata mentre quella del Perugia no, per cui attaccare era impossibile, ma anche prendere un gol dal Perugia sembrava impossibile...), c'ero a Trieste, e a Torino nello scontro al vertice contro il Piacenza perché, anche con la serie B, bisognava essere in curva a urlare (Triestina-Juventus 0-1, gol di Zanetti, uno dei pochissimi, segnò la settimana prima contro il Treviso, e Juventus-Piacenza 4-0 con primo gol di Trezeguet dopo 15 secondi, alla faccia dello scontro al vertice). C'ero a Bologna, quest'anno, a prendere tutto il freddo del mondo.
C'ero molte altre volte, e quelle volte che non c'ero, ero davanti alla tv, o davanti ad un computer scattoso implorando che non si bloccasse continuamente lo streaming, c'ero da qualche parte con la radiolina nell'orecchio.
Una volta, per un Juventus-Inter (5 dicembre 2009, 2-1, gol in mischia un po' di Chiellini, un po' di Del Piero, un po' di quel coglione enorme di Felipe Melo, pareggio di Eto'o, gol vittoria di Marchisio, un capolavoro), un concerto dei Blake/e/e/e è cominciato mezz'ora dopo, non tanto perchè a dei napoletani interessasse la partita più di un nostro concerto, ai gestori non interessava, ma perché me ne stavo in un bar di fronte al locale a guardarmi il match, e non c'erano cazzi, ero stato chiaro fin da subito.
E quelle volte che non c'ero, in realtà molto poche, sono state per cause di forza maggiore. Rimpiango solo una manciata di partite, che non ho visto per motivi inutili, e di cui mi pento e mi dolgo con tutto il cuore (una in particolare, che non dirò).
Insomma, non sono un tifoso alla Hornby, ma la Juve, come l'Arsenal per lui, è per me qualcosa di più che un semplice passatempo domenicale, che poi ultimamente non è più solo domenicale, ma è anncquato durante tutta la settimana, perché la televisione mangia tutto, anche le passioni.
Per questo le gioie e i dolori della Juventus sono state un po' anche le mie. Per questo ho pianto di gioia e di rabbia un mucchio di volte, che adesso non si piange più ma si sta male uguale. Per questo un credo così forte, così profondo, così radicato nel tempo, necessariamente scombina le giornate e gli umori. Magari c'è chi non capisce, ma sono sicuro che c'è anche chi, e ce ne sono molti, questa cosa la comprende benissimo.
E con molte di queste persone, quelle che almeno conosco e che negli anni, grazie ad uno pseudolavoro abbastanza itinerante, sono incrementate sensibilmente di numero, si è passato più tempo a discutere di quanto sbagliato fosse acquistare Amauri o affidare la squadra a Ranieri (uno che preferisce Poulsen a Xabi Alonso, che cazzo di allenatore è?), piuttosto di trovare folli gli sproloqui qualunquisti di Beppe Grillo, tanto per tirare in ballo tre esempi a caso, per non dire tre verità conclamate.
Quindi, tanto per non perdermi troppo in vaneggi inutili, il succo del discorso è questo: il gol di ieri, il modo in cui è avvenuto, il sentore che mi portavo dentro da quando il succitato signore che piglia una vagonata di milioni di euro l'anno aveva fatto un maccherone simile a quello che poi ha portato al gol del pareggio, ha portato a fior di pelle tutte quelle sensazioni che una persona "normale" riterrebbe folli. Tu compresa. E che nemmeno tutte le sigarette fumate nel postpartita hanno minimamente affievolito.
Perché una persona "normale", nonostante tutto, non penserebbe mai alla sfiga cosmica, ma semplicemente ad un errore di uno che comunque è considerato uno dei migliori portieri del mondo se non il migliore, ad una partita che come tutte quelle di quest'anno ci ha visto stradominare grazie anche e soprattutto ad un allenatore geniale in campo e irritante fuori, ad un piccolo incidente di percorso che rende tutto più piccante, in attesa di domenica prossima. Invece io, fino a domenica prossima, malgrado tutto il sangue freddo e le maschere che indosso, so già che starò di merda, perché (e qui prendo in prestito Hornby) pochi dei giocatori di questa Juventus memorabile hanno a cuore le sorti di questa squadra da così tanto tempo, da oltre ventanni. Non è un punto di merito, è un dato di fatto. Domenica avrò una collezione di farfalle nello stomaco, probabilmente già dal mattino, anche se ammetto che molto dipenderà anche dalle evoluzioni dei nostri sabato sera, che non sempre sono, come dire, da sportivi.
Perché soffriamo come dei cani e non possiamo farci niente, perché Caceres, Bonucci, Estigarribia, Vidal, Quagliarella, Vucinic, Borriello, non sono finiti all'inferno come me contro il Borussia Dortmund, col Real Madrid, col Milan a Manchester (magari qualcuno di questi avrà pure goduto...). Perché la gioia di Roma, del 5 maggio (dopodomani sono 10 anni, e io il pomeriggio del 5 maggio 2002 potrei raccontarvelo minuto per minuto da due ore prima della partita fino alle undici di sera, per dire), è una gioia che non tutta la rosa multimiliardaria 2011/2012 ha provato.
Tutto questo per dire che nonostante tutto, nonostante il caso, con la Juventus è un'altra storia. Subire così tanto un risultato, è terribile. Arrivare così vicino, e poi cadere, magari cadere ancora in piedi, e non poterci fare niente, è tremendo. E se le sfighe e le fortune di una squadra influenzano anche solo di striscio le tue fortune e le tue sfighe, allora viene naturale fare un computo generale di tutto quello che è successo in questi anni, e si scoprirà che la delusione di ieri sera, per quanto spero con tutto il cuore che possa essere solo un incidente di percorso che renderà il campionato più bello (cosa che penserebbe appunto una persona "normale"), è un qualcosa che ci appartiene, da sempre.
Perché l'abbiamo presa sui denti milioni di volte, perché quando bastava un gollonzo contro un avversario palesemente inferiore, Ibrahimovic mandava l'unica palla buona oltre la curva (Juventus-Liverpool 0-0, aprile 2005), perché quando era praticamente fatta, capitava l'inimmaginabile (Nedved diffidato che si fa ammonire a cinque minuti dalla fine di un Juventus-Real Madrid 3-1 semifinale di Champions, e i milanisti non lo possono capire ma noi la coppa l'abbiamo persa nel momento in cui l'arbitro ha tirato fuori quel cartellino giallo, dopo la partita perfetta), perché Calciopoli, perché gli ultimi cinque disastrosi anni (signori, non siamo l'Inter, non abbiamo un eterno bambino come presidente), perché adesso che siamo così vicini ad un risultato enorme, forse più enorme della Champions contro l'Ajax, la sfiga cosmica si è abbattuta ancora, imperterrita, su di noi, su di me.
Magari alla fine ci rideremo su, arrampicandoci sul monumento del marinaio come quel 5 maggio 2002 (con annessa professoressa di latino che mi incrocia per strada, sciarpa bianconera al posto della cintura e maglietta da gara 1996-97, e che mi interroga sistematica e puttana il giorno seguente).
Ma intanto, nonostante anche per il tifoso più fatalista e paranoico questa sia una delle Juventus più belle degli ultimi trentanni, molto più entusiasmante della Juve di Capello e pure di quelle di Lippi (su quelle precedenti non mi pronuncio perchè il calcio è cambiato troppo, anche se di vecchie partite ne ho viste una quantità esagerata), intanto sono qui a pensare che questa sfiga cosmica ce la portiamo dietro, come una condanna, nei piccoli infortuni come nelle partite della vita.
E a meno di incredibili e imponderabili eventi, come una totale disaffezione per il calcio e per la Juventus (cosa che poteva essere dopo Calciopoli ma non è stato, per cui ora la vedo probabile quanto andare a suonare la batteria con i The National), so che questa condanna ce la porteremo dietro fino all'ultimo, fino alla fine.
Ieri sera, nel piccolo, nonostante siamo uno squadrone e siamo sempre davanti, ne è stata l'ennesima prova.

Primo post scriptum, su Buffon.
Lo considero un campione, più come calciatore che come uomo. Ha dimostrato molte volte di non essere troppo mirabile, come uomo, e non sto parlando delle pubblicità.
Con mio padre mi scanno più per difendere lui che per infamare il PDL (calcisticamente parlando, mio padre non riesce a vedere Buffon, sarà che per lui c'è solo Zoff, mentre sul PDL non sto a elencare i motivi per cui a lui sta più a cuore di me...), anche se ammetto che la componente litigiosa quando discuto con mio padre di qualsiasi cosa rende spesso i nostri scambi, come dire, poco oggettivi.
Dicevo di Buffon, ha dimostrato per una carriera intera di essere un fenomeno, ma è un fenomeno che si sta spegnendo, com'è normale. Non parlo solo di ieri sera, ci mancherebbe. Solo che quando l'immagine del fenomeno che fu finisce per nascondere il reale valore del giocatore, allora bisognerebbe cominciare a farsi qualche domanda. Resterà per sempre il mio portiere bianconero, come per mio padre è stato Zoff, ma è clamorosamente falso leggere oggi che quello di ieri è stato il suo "unico errore del decennio": ci sono state le svisate col Chievo e con l'Atalanta, per ricordarne due altrettanto clamorose ma per fortuna ininfluenti (come speriamo questa), ci sono dei riflessi che non son più quelli del ragno d'oro di Germania 2006, c'è una posizione non sempre perfetta e dei piedi che neanche la decima scelta nelle partite di calcetto. Tutto qui.

Secondo post scriptum, su Delio Rossi.
Ha tutta la mia stima. Punto.

Terzo post scriptum, su Mourinho.
Proprio ieri sera doveva vincere la Liga?