martedì 30 settembre 2008

Dissimulare le aspettative

Diciamo che tutto era prevedibilissimo. Che non sarebbe durato, e lo sapevo. Ma messa così sembra una tragedia, che non è. Oh, come mi piace confondere, come mi piace complicare, come mi piace sorridere e ri-leggere. Come mi piace dissimulare le aspettative.
Siamo seri, ogni tanto, siamo cangianti per una settimana sull'homepage di Rockit, e lo sottolineo non tanto per accrescere il mio ego, quanto per un mero scopo pubblicitario, visto che gli ordini dall'alto sono di spingerci quanto più è possibile.
Siamo seri, ogni tanto, e pianifichiamo una settimana che deve essere precisa al minuto, nonostante presenti simpatiche incognite. Nonostante presenti le solite scie di pura gioventù.
Siamo seri, e allora passo davanti allo specchio, mentre dalle casse esce a volumi altissimi September in the rain di Marti, e per la prima volta da tanto mi guardo e mi vedo moderatamente scavato rispetto a qualche tempo fa. Mio padre ha diagnosticato un mix di sigarette, alcool e droga a giustificare i miei otto chili in meno, ignorando completamente l'estate passata a saltare pranzi e cene per carenza di tempo. Tu che hai tutt'un'altra modalità di esposizione, mi hai osservato un pò, mi hai toccato il culo e mi hai sussurrato "la smettiamo di dimagrire?". Ti vorrò sempre bene anche per queste cose, carissima.
Intanto continuiamo a rapportarci con i primi dei, a subirne il fascino e la possenza, le lune, che si scontrano a volte con l'incapacità e la timidezza di sfiorarli. Allora non facciamo altro che aumentare di una tacca il volume dell'iPod, aumentare di quei cinque-dieci-centimetri ogni passo mentre automaticamente i pensieri sfumano. Funziona, cristo. Come i cocahavana. Come le cene istituzionali in cui ci sediamo composti e tirati-a-lucido per alzarci molto più storti, con qualcosa che ti batte la cassa di New Millennium's Lack of Self Explanation sul cervelletto e ti ricorda costantemente il bitrate a cui dovrebbe essere suonata.
Ma torniamo ad essere seri, facciamo un pò di propaganda, e poi ci salutiamo. Perchè il tempo è dunque giunto. Perchè si è parlato, si è riso della boccuccia, si è telefonato a casa per assicurare ai parenti di essere ancora vivo mentre mi si urlava di muoverci per andare ad un fantomatico raveparty che non ha motivo di esistere, perchè in quelli veri c'è chi pensa ancora che la ketamina sia uno stupefacente. Ma dio, ma state scherzando?
Comunque, questa settimana si fa sul serio. Così debuttano in Italia i Blake/e/e/e, al Velvet di Rimini. Al Creative Fun! festival, sul palco R.E.M., con i Jocelyn Pulsar, gli Amycanbe ed il "nostro" Egle Sommacal. La cosa comincia alle dieci postmeridiane, e noi suoniamo per ultimi. E poi per chi vuole c'è il dancefloor dove consumarsi i piedi.

martedì 23 settembre 2008

Giuro che ci provo


Carissima,
giuro che ci provo. Giuro che provo ad essere mediamente decente, provo a cambiare, ad essere più docile, a smussare gli spigoli. Magari non è quello che vuoi tu, magari sono io che sbaglio, che non capisco. Dopotutto, siamo l'incrocio tra cosa siamo e cosa gli altri vorrebbero noi fossimo. Cosa vorremmo essere. Ci adattiamo, per sopravvivere.

Questo mondo ti vuole splendente, e in ottima forma.

Io non mi sento per nulla splendente, e accantono il mio essere stronzo per un qualcosa di più alto, per una tranquillità cui mi appiglio ogni giorno con le unghie che non ho, mangiate per preservare la mia testa da infiniti frontali contro il muro. Con quel briciolo di sicurezza in più fatta di sogni che lentamente si materializzano, mentre il resto frana in silenzio. Perchè nello sbriciolarsi delle convinzioni pre ventenni è necessario trovare qualcosa che sorregga, almeno fino a quando finiranno le tempeste, almeno fino a quando imparerò a governare questa cazzo di barca e non mi sentirò sprofondare ad ogni onda un pò più alta, un pò più forte.
Ti porterei a bere un bicchiere di vino, in quel posto dove i prezzi sono vaghi, mutevoli. Dove il prezzo cambia ogni giorno. Perchè così sposteremmo le nostre attenzioni a problemi meno esistenziali, perchè così lo scoglio della conoscenza sarebbe già stato superato. Perchè ci credevo, più di adesso che metto in random l'iPod perchè sono stufo di sapere già che canzone seguirà a quella che sto ascoltando. Perchè ci credo, perchè sono fatto così, e continuo a pensare che sono onde, che ci alziamo e ci abbassiamo, che andiamo sotto e voliamo, a seconda dei tempi migliori o peggiori. Forse è il mare, forse lo sento dentro più di quanto non creda.
O forse anch'io, semplicemente, dovrei smetterla con ciò che mi consuma, dovrei cambiare nome per un pò e aspettare che qualcuno mi trovi, da un'altra parte, in un altro posto, con un bicchiere di vino dal prezzo certo, dal gusto conosciuto. Sacrificare le onde, cercare la stabilità. Tornare bambino, in montagna, col berretto di lana calato in testa e le guance rosse, uscire dall'albergo la mattina e alzare gli occhi verso il Sassongher sapendo perfettamente di trovarlo là, immobile possente quadrato.
Quanto mi manca, quanto mi manchi.
Ma tu sei più simile al mare che adesso ho davanti agli occhi, che al Sassongher, sempre più un ricordo lontano e innocente.

Mi sento come il soffitto di una chiesa bombardata.

Ma tu sei più simile al mare e io mi ci butterei dentro lo stesso. Perchè sono fatto così.
Perchè guardo il pacchetto di classicissime vicino alla tastiera e penso che dovrei smetterla con le sigarette. E in fondo so che accendermene una sarà la prima cosa che farò quando mi alzerò da questa sedia.

martedì 16 settembre 2008

Ri-provare gli effetti

Essere mediamente di corsa, ma non così tanto. Restare a casa una sera, ieri sera, per provarne l'effetto dopo tanto, per vedere per sbaglio il concerto dei Sigur Ròs al Moma di New York e restare inebetito fino ai titoli di coda.

...sono gli adesivi sulle pareti
è il tempo che scorre lungo i bordi...

Essere mediamente di corsa, ma trovare anche un pò di tempo per fermarsi, pensare. Soprattutto pensare al vuoto, ma si bisognava più del gesto, che dei contenuti.
Essere mediamente di corsa, e farsi il twitter. Molto poco utilizzato e molto poco attrattivo, a dirla tutta.
E domani giù a Bologna, e il quattrottobre si comincia a suonare sul serio, al Velvet, a Rimini.

sabato 13 settembre 2008

Il vento ci porterà

Piove di cattiveria. Piove così tanto che ce ne siamo già stufati. Che eravamo tutti ansiosi di vedere le nuvole arrivare, di riposarci mentre ci annegavamo d'acqua. Invece siamo rimasti troppo a lungo stanchi e asciutti. Troppo asciutti. La pioggia è arrivata troppo tardi, mentre resto chiuso nella mia stanza accampata dopo il tanto girare degli ultimi giorni. Posare gli occhi sui vetri delle finestre, e faticare a vedere oltre. Con questo penso sia finita l'estate, o magari no. Con questo penso sia finita l'estate, fatta di alti, di bassi, di profondamente bassi, di altissimi picchi. Di fatti cose & persone che irrimediabilmente l'arrivo dell'autunno cancellerà, o che il vento ci porterà lontano mentre magari loro rimarranno qui, ma si è auspicato troppo a lungo questo necessario allontanamento per soffrirlo, anche nella sua più minima parte.
Mentre comincio a non sentirmi così spaesato mentre ripasso per la millesima volta per certe vie di Bologna, comincio a riconoscere le porte, i gusti, le sfumature. E' una cosa che riempie, che vale molto più di un acquazzone memorabile, che ti fa sentire parte di qualcosa, che non è così scontato. E ti scrivo mentre maledico una sciagurata che con le sue indecisioni alla biglietteria della stazionecentrale rischia di far perdere i rispettivi treni alle rispettive dieci persone dietro di lei, me compreso. Ti scrivo mentre chiunque mi chiami al cellulare dice di essere sotto la tempesta, mentre io nell'asse Bologna-Padova-Chioggia non becco una goccia. Mentre schivo le pozzanghere e penso ai cani che volano dal quinto piano. Che puntano i piccioni sui davanzali e gli scattano incontro e i piccioni li schivano e questi volano e si spiaccicano. Soffoco un sorriso abbassando gli occhi, mi accendo una sigaretta e penso che manchi ancora qualcosa, qualcuno. Che gli eventi non sono ancora allineati e incastonati da potersi considerare perfetti. Questione di temporali, questione di ospedali, questione di qualità o forse solo di priorità, di essere per un istante obbiettivi, nonostante tutto.
Che dicono che le cose inaspettate sono le migliori. Che è anche vero. Homepage di Rockit, faccia sbilenca gggiovane indigesta sotto "dischi in uscita". Non se lo aspettava davvero nessuno, non solo io che è tutto nuovo - è tutto ben accetto - è tutto troppo divertente.
Io che di solito le cose le sento prima, per non so quale sfiga.
Intanto, continua a piovere di cattiveria. Intanto, Nick Cave è l'accompagnamento ottimale per una giornata così.

mercoledì 3 settembre 2008

La boccuccia

Poi a forza di stare fermo nella stessa posizione, mi si chiude la bocca. Che è risaputo essere già estremamente piccola. Più che altro, è risaputo qui, ma non è così scontato per Federica, che mi controlla, che mi sistema la t-shirt, che mi guarda e mima una bocca troppo grande rispetto alla mia, e interviene sulla mia faccia e sui miei jeans strappati e sui pantaloni presi a mio padre perchè non ci entra più. Più che altro, è difficile non sorridere guardando chi e cosa mi circonda, guardando le luci-al-neon-freddo (o luci-fredde-al-neon, non lo so), le nostre discussioni serie, ascoltando i This Heat (questi fantasmagorici sconosciuti) e Bontempi B1 (questo fantasmagorico pazzo). Gli occhietti spenti brillano di contentezza e difficilmente qualcosa potrebbe affievolirli. Forse Photoshop, ora che ci penso.
Mi sforzo di non sembrare un dodicenne tra il fumo delle sigarette e le bombe della prima vera pioggia della stagione, targata primo settembre. Arrivo moderatamente stravolto eppure sembro sempre troppo giovane.
"Non sei invecchiato per niente", mi sussurra Egle sogghignando mentre rolla una sigaretta. Poi mi saluta e mi sorride.
Io Bologna non la conosco e ci passeggio come un bambino. A tratti somiglia drammaticamente a Padova. Mi perdo tra i portici entrando con lo sguardo dentro ogni vetrina, specchiandomi in paesaggi nuovi eppure dal vago sentore di già-visto.
Sono attimi che passano, mentre metto dentro all'iPod un pò di cose nuove, solo per il gusto di scoprirle, senza criterio, senza particolari motivazioni. E resto con gli occhi sbarrati mentre ascolto cose che mi rappresentano troppo, che ti rappresentano troppo. Cose che ci avrei messo la mano sul fuoco che sarebbe andata così, che potrei fare l'indovino. Che verrebbe sicuramente meglio dello studente, piuttosto che del batterista.


prendi me, offro garanzie prive di calcoli
ma tu dividimi in parti uguali
che riserverò per te
quella migliore

Ma così vanno le cose, perchè davvero le lascio passare, perchè davvero mi sfiorano, perchè davvero non sono in grado di comprenderle. Così cambiano le prospettive, col rumore in sottofondo di una steeldrum e la riproposizione di pezzi improponibili. E ridiamo di cose macabre, perchè ci piace così, perchè "Fuma uno spinello e muore" fa oggettivamente ridere, che magari qualcuno ci crede davvero e bisogna sdrammatizzare.
E non sai che piacere è stato scriverci quei messaggi normali, parlando di vita normale, della sveglia di oggi, dei nostri impegni.
Quanto ho aspettato tutto questo.


Intanto:

Hello friends,
just a quick update about a due change of line-up.
The band is now comprised of Paolo Iocca, Marcella Riccardi, Egle Sommacal and Mattia Boscolo.

(...)

Luckily enough, we've run into two awesome musicians living kinda around the corner. We're sure some of you know already Egle for his past (and present!) militancy with Massimo Volume, and for his supreme solo work (album "Legno" out on Unhip Records). If not, go check his myspace profile on our top friends immediately!
On the contrary, Mattia is all new to this, and therefore he can't wait to demonstrate his abilities live. :)

Il resto, qui.