"Sei pronto?siam qui fuori a fumar na cicca"
Ci ritroviamo a non capirci tanto. Vivere sensazioni strane, al limite. Sensazioni lungo i bordi, con l'inadeguatezza che da sempre ci accompagna e ci fa chiedere se è qui che si vorrebbe stare davvero. Che magari vendere caldarroste in Nepal poteva essere la vera vocazione. Vacillare per qualche attimo anche sul tuo essere più profondo. Che tanto non ci si perde più il sonno, che le pecore in realtà sono diventate preoccupazioni da un bel po', e contarle vuol dire impazzire. E allora è il momento di crescere, e ci anestetizziamo, e forse non cresciamo, e non ci facciamo nemmeno più del male con i nostri messaggi gratuiti della buonanotte. Che poi pensandoci un attimo, andando a letto sempre dopo la mezzanotte, e con queste tariffe un pò così, è l'unico messaggio che pago.
In nome di dio vi perdono e vi condanno.
Il tempo fa esplodere le occhiaie, il tempo morde i fianchi, li ri-modella, li s-forma. Ma il tempo conserva certe cose, le cristallizza in dispositivi più o meno tecnologici, più o meno per sempre.
Ci ritroviamo a non capirci tanto. Ci ritroviamo nella salaprove dei Massimo Volume, io che nella mia estrema gioventù li ho bruciati in tutti i lettori di mio possesso, e non solo. E lasciamo un dito sul rullante di Vittoria, per poi immergerlo nel cicatrene e vederlo comunque sanguinare.
Perchè a volte non è necessario capirci tanto, perchè dopo una sera che diventa inaspettatamente atomica, il giorno dopo senza svegliarci sul serio ci siamo ritrovati al Maffia.
Per aprire la prima data del Reunion Tour dei Massimo Volume.
E ci siamo riempiti lo stomaco di frutta e formaggio, di succhi improbabili e sigarette, mentre dal palco sentivo un soundcheck che mai avrei pensato neanche in quei sogni dove tutto è meglio della realtà e dove lo capisci subito e sai che sogni ma ti costringi a continuare a sognare. E realizzi che la nostra realtà, carissima, è imprevedibile. Che se ci pensi è come aprire un concerto a Johnny Cash, o ai Clash. Che se ci pensi riconosci le persone. Filtri il lato umano delle cose. E il lato materiale delle persone.
Ci ritroviamo a non capirci tanto mentre ci sfondiamo di gelato e di caffè e di benagol all'arancia, che a giudicare dagli effetti sulla mia gola devastata potevano essere tranquillamente scadute. E la nostra personalissima maratona ammazza tempo passa per la zonaindustriale di Reggioemilia, e a cena siamo un'allegra compagine che secca bottiglie di vino e ordina settemila cose una diversa dall'altra. E sto seduto tra Jukka ed Egle che sogghignano ai miei ventidue anni. Che poi sono ancora ventuno, che a tratti mi sento come una specie in via d'estinzione. Che mi estinguerò verso la fine dell'anno. Il cellulare non squilla degli squilli che vorrei, e segna ore impietose, di ritardo cosmico. Così il caffè-amaro-sigaretta è un rito da compiersi in tre minuti, e quando arriviamo al Maffia e trovo il Piombo, con la sua Rossella, di sigarette ne ho fumate altre tre. Che siamo tesi come le corde del mio archetto di violino, che se non fosse così tirato non renderebbe per nulla. Che siamo tesi che ci ritroviamo sul palco senza accorgersene con ancora il calore del caffè a grattarti l'esofago.
E al solito non vi guardo ma vi sento, intravedo volti sconosciuti mentre aspetto che le dita si scaldino più del legno delle bacchette. Così ci si può sciogliere. Ritrovarsi in un happening di cui non eravamo propriamente consci, una tensione magnetica che aveva il rumore delle scosse elettriche delle spie.
E magari ti innamorerai di me quando vedrai improvvisare Dub-Human-Ism con un tempo strano, tipo un 13/8. E magari ti innamorerai e non ci mancheremo più per un niente, come sempre, che tutto ruota attorno a te e il tuo cellulare, in un citazionismo cannibale che succhia anche gli strumentali. E non ci salva il corsivo. Che alla fine, tutto si è un pò sgonfiato. E la canzone preferita resta preferita, ma anche se non l'ascolti una volta due volte mille volte al giorno, non è che cade il mondo. Che se vogliamo di pezzi ne ha già persi un bel pò.
E magari ti innamorerai delle Lacrime di San Lorenzo, del personalissimo momento glam mio e di Egle, che ci viene bene, e che ci viene da ridere. Lasciando tutti sospesi. E sorpresi. Marcella se ci vede, sorride pure lei. Paolo invece, non serve, che se gli prende bene sorride sempre e basta guardare lui per stare tranquilli.
Ti insulto delicatamente e ti chiedo scusa mentre ti dimentichi di farmi il cocktail che ti ho chiesto proprio quando comincia Il Primo Dio. Ti sorrido e mi sorridi mentre ti chiedo un altro cocktail quando comincia Seychelles '81, che ripenso alle mille volte in cui l'ho suonata al buio di un iPod e di una salaprove sotterranea. Ti sorrido ancora, e molto meno composto, quando perdo il conto dei cocktail che ti ho chiesto.
Perchè è inutile parlare. Bisogna esserci, esercito di santi. Bisogna vedere, esercito di santi. Bisogna ascoltare, esercito di santi. Bisogna toccare con mano, esercito di santi. Bisogna entrare. Molti modi, altri nomi. Dovrei comprare uno spazio pubblicitario immenso, un cartello giallo con una scritta nera, dove scrivere semplicemente "Carissime, giuro che c'ho provato". Perchè davvero, c'ho provato. Fatico a guardarti negli occhi, perchè sono troppo grandi per me. Ora basta capire se sono i miei ad essere troppo vuoti, o i tuoi troppo pieni.
Io so che in certi casi è meglio non fare troppi movimenti, perchè si va a fondo più lentamente.
Io so che in certi casi, si comprende realmente il valore di una cosa quando la si è digerita. O la si è persa per sempre.
E qui si va oltre i Massimo Volume, i Blake/e/e/e, io, te, noi, i cocahavana, le sigarette.
Salendo le scale, ci ha spaventato il silenzio.
Ma ancora di più, l'esaltazione e il terrore che graffiano la schiena.
E a tratti non resta che urlarsi nella testa Ronald, Tomas ed io. E pensare che il patto, il giuramento con se stesso, è targato 26 dicembre 1986.
Io sono nato quattro giorni dopo.
Tutto qui.
In nome di dio vi perdono e vi condanno.
Il tempo fa esplodere le occhiaie, il tempo morde i fianchi, li ri-modella, li s-forma. Ma il tempo conserva certe cose, le cristallizza in dispositivi più o meno tecnologici, più o meno per sempre.
Ci ritroviamo a non capirci tanto. Ci ritroviamo nella salaprove dei Massimo Volume, io che nella mia estrema gioventù li ho bruciati in tutti i lettori di mio possesso, e non solo. E lasciamo un dito sul rullante di Vittoria, per poi immergerlo nel cicatrene e vederlo comunque sanguinare.
Perchè a volte non è necessario capirci tanto, perchè dopo una sera che diventa inaspettatamente atomica, il giorno dopo senza svegliarci sul serio ci siamo ritrovati al Maffia.
Per aprire la prima data del Reunion Tour dei Massimo Volume.
E ci siamo riempiti lo stomaco di frutta e formaggio, di succhi improbabili e sigarette, mentre dal palco sentivo un soundcheck che mai avrei pensato neanche in quei sogni dove tutto è meglio della realtà e dove lo capisci subito e sai che sogni ma ti costringi a continuare a sognare. E realizzi che la nostra realtà, carissima, è imprevedibile. Che se ci pensi è come aprire un concerto a Johnny Cash, o ai Clash. Che se ci pensi riconosci le persone. Filtri il lato umano delle cose. E il lato materiale delle persone.
Ci ritroviamo a non capirci tanto mentre ci sfondiamo di gelato e di caffè e di benagol all'arancia, che a giudicare dagli effetti sulla mia gola devastata potevano essere tranquillamente scadute. E la nostra personalissima maratona ammazza tempo passa per la zonaindustriale di Reggioemilia, e a cena siamo un'allegra compagine che secca bottiglie di vino e ordina settemila cose una diversa dall'altra. E sto seduto tra Jukka ed Egle che sogghignano ai miei ventidue anni. Che poi sono ancora ventuno, che a tratti mi sento come una specie in via d'estinzione. Che mi estinguerò verso la fine dell'anno. Il cellulare non squilla degli squilli che vorrei, e segna ore impietose, di ritardo cosmico. Così il caffè-amaro-sigaretta è un rito da compiersi in tre minuti, e quando arriviamo al Maffia e trovo il Piombo, con la sua Rossella, di sigarette ne ho fumate altre tre. Che siamo tesi come le corde del mio archetto di violino, che se non fosse così tirato non renderebbe per nulla. Che siamo tesi che ci ritroviamo sul palco senza accorgersene con ancora il calore del caffè a grattarti l'esofago.
E al solito non vi guardo ma vi sento, intravedo volti sconosciuti mentre aspetto che le dita si scaldino più del legno delle bacchette. Così ci si può sciogliere. Ritrovarsi in un happening di cui non eravamo propriamente consci, una tensione magnetica che aveva il rumore delle scosse elettriche delle spie.
E magari ti innamorerai di me quando vedrai improvvisare Dub-Human-Ism con un tempo strano, tipo un 13/8. E magari ti innamorerai e non ci mancheremo più per un niente, come sempre, che tutto ruota attorno a te e il tuo cellulare, in un citazionismo cannibale che succhia anche gli strumentali. E non ci salva il corsivo. Che alla fine, tutto si è un pò sgonfiato. E la canzone preferita resta preferita, ma anche se non l'ascolti una volta due volte mille volte al giorno, non è che cade il mondo. Che se vogliamo di pezzi ne ha già persi un bel pò.
E magari ti innamorerai delle Lacrime di San Lorenzo, del personalissimo momento glam mio e di Egle, che ci viene bene, e che ci viene da ridere. Lasciando tutti sospesi. E sorpresi. Marcella se ci vede, sorride pure lei. Paolo invece, non serve, che se gli prende bene sorride sempre e basta guardare lui per stare tranquilli.
Ti insulto delicatamente e ti chiedo scusa mentre ti dimentichi di farmi il cocktail che ti ho chiesto proprio quando comincia Il Primo Dio. Ti sorrido e mi sorridi mentre ti chiedo un altro cocktail quando comincia Seychelles '81, che ripenso alle mille volte in cui l'ho suonata al buio di un iPod e di una salaprove sotterranea. Ti sorrido ancora, e molto meno composto, quando perdo il conto dei cocktail che ti ho chiesto.
Perchè è inutile parlare. Bisogna esserci, esercito di santi. Bisogna vedere, esercito di santi. Bisogna ascoltare, esercito di santi. Bisogna toccare con mano, esercito di santi. Bisogna entrare. Molti modi, altri nomi. Dovrei comprare uno spazio pubblicitario immenso, un cartello giallo con una scritta nera, dove scrivere semplicemente "Carissime, giuro che c'ho provato". Perchè davvero, c'ho provato. Fatico a guardarti negli occhi, perchè sono troppo grandi per me. Ora basta capire se sono i miei ad essere troppo vuoti, o i tuoi troppo pieni.
Io so che in certi casi è meglio non fare troppi movimenti, perchè si va a fondo più lentamente.
Io so che in certi casi, si comprende realmente il valore di una cosa quando la si è digerita. O la si è persa per sempre.
E qui si va oltre i Massimo Volume, i Blake/e/e/e, io, te, noi, i cocahavana, le sigarette.
Salendo le scale, ci ha spaventato il silenzio.
Ma ancora di più, l'esaltazione e il terrore che graffiano la schiena.
E a tratti non resta che urlarsi nella testa Ronald, Tomas ed io. E pensare che il patto, il giuramento con se stesso, è targato 26 dicembre 1986.
Io sono nato quattro giorni dopo.
Tutto qui.