Una freccia d'argento da Roma a Padova costa sessantasei euro. E in tre ore sono a casa. Sarebbe una soluzione. Una soluzione contro le prime rughe, se mai me ne potesse fregare qualcosa, non c'è. Non nascondiamoci. Non nascondiamole. Incastriamo le mani. Gli occhi.
Funerali laici per i preti laici e libertà di parola per gli stolti. Mail ufficiose per documenti ufficiali. Paul McCartney che passeggia ventitrè anni dopo per le stesse strisce pedonali della stessa strada londinese ma la targa diversa del maggiolone parcheggiato a sinistra racchiude plurimi significati. Padova è stata questa. Mentre saltiamo su un regionale incerottati e claudicanti, che ci è scivolato il senso dell'equilibrio e del senno a giocare a calcetto la domenica mattina. Come uno stuntman mancato. Dovremmo farlo a quarantanni. Mentre ci diciamo che stiamo invecchiando e stiamo perdendo colpi ma tu no che sei gggiovane. E non è nemmeno colpa della gioventù bruciata. Che c'è stata un'ottima generazione di trentenni diventati autistici, di quarantenni diventati autistici. Dei cinquantenni e dei settantenni s'è già parlato troppo.
E non è nemmeno colpa di Hugo Race che ha suonato solo nel primo disco di Nick Cave e le chitarre riverberate sono di Blixa Bargeld. E' solo una questione di vivere i momenti, di chiudersi ore e ore in salaprove imprecando contro una drummachine e contro le pizzerie chiuse per lutto. Che se lo zio Toni fosse morto davvero, sarebbe stata la fine della pizza per come la si conosceva a Bologna.
A correre dietro a catene di suoni e di non-accenti e testate ai muri e sigarette fumate in quattro tiri.
Mi dici che non scrivo e hai ragione. Mi dici che non scrivo e mi dispiace. Mi dici che non scrivo e allora mi tiro avanti scrivendo in treno che le ferrovie non mi renderanno mai indietro le infinite ore lasciate a guardare fuori dal finestrino. Ad immaginare vite alternative e fortune alterne. Felicità a momenti, frighi pieni, sintetizzatori regalati. Cercando un filo conduttore che ogni tanto manca e si perde nella nebbia padana. Cercando un filo conduttore a frasi come amore mio la mia anima rispekkia che chissà cosa vuole dire. Tu e il tuo amore trenta chilometri dal confine italiano più vicino, grazie.
Organizziamoci le risposte pronte seduti a tavola, così sembriamo una famiglia omogenea e bellissima da mulinobianco. Non è colpa mia, siamo fastidiosi con la gente di merda. Siamo espansivi con gli amici. Siamo silenziosi con i conoscenti. Siamo tremendamente fascisti con chi pensa a Maldini come personaggio storico, con chi va a L'ondhon in vacanza, con chi crede la De Filippi una mecenate della musica, con chi dice che Moccia è il portavoce di una generazione. Generazione di teste di cazzo, io mi dissocio e mi guardo Funeral Party e se mi cercate sono nudo sul tetto di casa. Non so, magari anche fatto di LSD. Generazione di teste di cazzo, che ti ricordi, non ci credevamo quando abbiamo scoperto che l'esergo dell'ultimo libro di Moccia è una canzone di Ramazzotti.
Organizziamoci una settimana simpatica che non preveda cambi di regione coincidenze mancate pensiline di autobus treni di panna. Ci vediamo nel duemilaedieci allora, quando questi cazzo di anni zero saranno finiti e porteremo in giro il loro spettro o la loro evoluzione. Come dei testimoni. Per chi ne è uscito vivo e per chi ci è rimasto sotto. La valigia come emanazione del mio corpo, strumento del mio braccio. La tangenziale di Bologna che sfreccia sotto, Laurie Anderson nell'iPod, le telefonate della ragazza seduta di fianco con l'Amleto di Shakespeare in mano.
Restiamo solo noi. Hai visto che cielo c'era l'altra sera, la foschia e i colori sgranati? Il fumo della sigaretta e quattro parole appena accennate? Hai visto che riusciamo a ridere? Hai visto che siamo bellissimi?
E lo sai anche tu, che è molto più facile fissare i pensieri tristi. Che le cose belle le conserviamo con cura e ce le passiamo con gli occhi. Cosa vuoi scrivere delle nostre discussioni semiserie? Cosa vuoi scrivere delle nostre giornate? Cosa vuoi scrivere dei miei cambi di status da incazzato nero a incazzato nero ma con il sorriso?
Ed è sempre così, a costo di sembrare grigioni. La cena Riccardi-Davinelli-Sommacal-Boscolo. I conchiglioni ripieni e gli anolini la prossima volta. La bottiglia di morellino che abbiamo comperato assaltando la coop. La sonorizzazione al Leoncavallo che è andata bene e il concerto rock a Cuneo che è andato uguale. Come si descrivono?
E' troppo difficile parlare dei nostri sorrisi. Meglio il credito residuo del telefonino quando ho voglia di sentirti e la voce metallica della Vodafone mi dice che me lo posso scordare.
E cosa racconteremo, ai figli che non avremo, di questi cazzo di anni zero.