Ieri era un giorno che aspettavamo diverso, mentre microcefalo prende forma tra le pagine binarie di un documento textedit senza fronzoli e senza impaginazioni particolari, mentre litighiamo e facciamo pace brindando con i mash-up di tè, o i mash-up di te e di me e dei discorsi sugli amici di facebook che non abbiamo più. Che i poster sono caduti e li ho lasciati là, che stiamo fuori a fumare una sigaretta e quando ti parlo mi sento diverso, più definito. Finendo a parlare di quanto comodo sarebbe andare in giro dentro una coperta. Finendo a sbagliare le vocali quando ci raccontiamo le mattine.
In un treno che parte di sera e arriva che è ancora più sera che è quasi notte, abbandonato a guardare fuori dei finestroni tutta quest'umanità che cammina, che ha freddo, che fuma, che si bacia, che corre alla fermata, che sale che scende, che dimentica gli ombrelli. Abbracciati sotto i portici questa volta c'eravamo anche noi a fingere di perderci in Mascarella vecchia. Anche se non ho avuto la forza di mettermi a preparare la zuppa. Anche se giriamo con il basso in macchina e a lasciarlo incustodito ci prende più male del solito.
Ieri era un giorno che aspettavamo diverso, invece è andata come al solito. Mentre di colpo ha cominciato a nevicare troppo, che sembravamo dentro ad una bufera. Invece, come spesso accade, mezz'ora dopo tutto era tornato come prima. Fuori dei palazzi, dentro ai palazzi. E per una volta non possiamo neanche dire che è colpa nostra, che parliamo e ci lamentiamo e sobilliamo ma poi ai voti perdiamo sempre. Questa volta non hanno avuto nemmeno bisogno di noi.
E quando la gente è stanca, poi reagisce in maniera scomposta. Come noi.
Nessun commento:
Posta un commento