domenica 27 dicembre 2009

Life less serious. Diario in ritardo di un tour sbilenco.


Allora dobbiamo darci una mossa. Che questa volta Chioggia Padova Bologna Roma Salerno Napoli Eboli Sorrento Salerno Benevento Rende Ragusa Palermo Catania Bologna Padova Chioggia.
Allora dobbiamo darci una mossa. Che il tempo passa ed era ancora novembre quando tornavamo a casa alle 8 del mattino per organizzarci meglio le lavatrici per un'alba e un cornetto caldo, quando eravamo chiusi al Locomotiv ad imprecare e a farci male per preparare il nostro tour estremo.
Che poi si va a Roma e sono un po' di date di fila ed è come il tour europeo solo che stiamo un po' più impacchettati in macchina e soprattutto quando saremo sbronzi non ci dovremo impegnare a fabbricare discorsi in inglese o in francese o in cirillico che non capirà nessuno che non capiamo neanche noi.


Salerno ci siamo rimasti un po' tra chitarrine acustiche gatti bianchi e bombe a mano, tra cene di pesce e panini alle cinque del mattino, dove la gente ti saluta schioccando le dita e guardando altrove, dove noi ci svegliamo che è il tramonto e abusiamo skype per vederci, e sentirci meno soli.
Poi i posti estremi e i concerti estremi e guarda verrei volentieri a dormire a casa tua però magari se prima ci presentiamo è meglio, e scattiamo foto oscene e odiamo il mac che nella vita reale ci sono dei workshop di pubblicità da consegnare. Life less serious. Life less serious come certi quadri urbani dopo una giornata passata nel traffico di Napoli, life less serious come i fritti le salsicce i friarielli il vino la cocacola in bottiglietta di vetro i nubifragi e le budweiser a tre euro alle cinque del mattino. E non permettere a un napoletano di chiamarti cafone.
Posti ancora più estremi e deliri notturni che Cristo a Eboli si è fermato ma ci dev'esser rimasto pochissimo, e controvoglia. E noi comunque la ferrovia non l'abbiamo vista. Continuiamo ad affacciarci al mondo con skype continuiamo a sentirci vicini e lontani ed è un po' come l'attente anche se sappiamo che è difficile. Difficile come tornare a Salerno. Difficile come chiedersi dove sei.
Difficile come insediarsi a Benevento alle due di notte e scoprire che saranno due giorni splendidi, di passeggiate e caffè corretti strega e pranzi autarchici e un Morgana murato e una registrazione a portechiuse il giorno dopo. Skippando i 99Posse e ci mancherebbe. Membro ufficiale dei 99Pose e ci mancherebbe anche qui.


Evitare la pasta al pesto. Scappare via. Salutare la cassaspia che non funziona e le tue interviste da postconcerto che non stanno in cielo e in terra. Cameriere nazi che non ci offri i cicchetti, ti odio. Colonizzare un ostello. Aprire una bottiglia di vino con uno spazzolino da denti. Sono pensieri che non riesci a trattenere. E' la stanchezza che comincia a prenderti e la mattina sei un po' segnato, un po' come svegliarsi a Rennes, un po' come andare a Berlino.




Poi c'è la Sicilia ed è un mondo bellissimo di strade statali e di buio e di arancini e l'Hotel La Fabbrica di Ragusa che adesso non c'è più ed è stato fantastico e non ci sono parole a descriverlo e basta leggere cosa hanno fatto a Sergio la settimana dopo per rabbuiarsi.
C'è Palermo che allora partiamo un po' per la tangente e ci diamo comunque sotto e passeggiare per la Kalsa ha i suoi perché come i pranzi di pesce per la strada e la Palermo-Catania.


Catania e la Lomax e una degna chiusura e noi come Harry. A pezzi. Dopo aver finito le parole a guardare il cielo dal terrazzino e vedere le stelle cadenti e vederne un sacco e dire siamo a metà dicembre e qua sono quindici gradi. E pensare dove sei? ma non dirlo a nessuno che tanto sarebbero parole lasciate per strade e nulla più.
Il limite fisico si raggiunge quando un cannolo per colazione crea scompensi per ore, quando ci facciamo tutta la Sarc al contrario in una botta sola e tra una cosa e l'altra tiriamo da Catania a Bologna e arriviamo alle quattro del mattino e ci siamo beccati anche la neve che l'ultimo giorno di tour ormai è una costante. Barberino come Immenstadt, come sempre.


E allora ci ricomponiamo, prendiamo un treno alle seiezerodue del mattino. Così siamo a Padova alle setteetrentatrè. Così alle ottoezerouno prendiamo l'autobus e alle noveemezzacirca siamo a casa. Nessuno piange a casa, nessuno ride.
E siamo di nuovo sulla giostra. Tanto per gradire. Che alla fine è vero, life less serious. E ciao nonna Maria. E caro Gino.


So please, please, please let me get what I want this time.

mercoledì 16 dicembre 2009

Hotel La Fabbrica.

A volte le parole non pesano nulla, altre volte le parole pesano come macigni. Stiamo ancora metabolizzando, dobbiamo ancora scrivere di quello che è stato, pensiamo a noi cercando forme eleganti per rendere i concetti migliori. E intanto La Fabbrica, un ex hotel dismesso nel pieno centro di Ragusa occupato due mesi fa dopo anni di abbandono, è stato sgomberato dalla polizia. Non importa avere idee politiche diverse, avere idee gestionali diverse, avere idee in testa diverse. Quel posto, dopo due mesi, era già diventato una piccola realtà. Quel posto, settimana scorsa, è stato teatro di uno dei più bei concerti di tutto il Border Radio Tour. Solidarietà, anche da qui, a Sergio che era dentro, a Carlo, a Max, a tutti quelli che ci hanno fatto sentire a casa. Resterà quel portatabacco in pelle. Resterà il ricordo di un'isola felice che non c'è più.
Questo è il comunicato:


Stamattina (15 dicembre), quasi dopo due mesi di occupazione, è stato sgomberato dalle forze del disordine lo Spazio Autogestito La Fabbrica di ragusa, dentro è stato trovato Sergio che è stato subito portato in questura. Ancora una volta le istituzioni dimostrano di non capire le esigenze della popolazione in un posto vuoto e grigio come la città di ragusa dove dietro la maschera del “famoso” barocco si trova una popolazione sempre chiusa in casa e dalla vita assolutamente monotona con figli che stanno sempre e solo fissi davanti allo schermo. Il collettivo stava cercando di ravvivare la situazione di degrato e monotonia del centro storico con iniziative costanti e continue di tipo ricreativo e culturale come concerti, presentazione di libri e giornali studenteschi, accoglienza alle associazioni prive di sete, assemblea sul diritto alla casa, corsi gratuiti e la settimana prossima sarebbe partita una mostra d’arte.

Esprimiamo solidarietà a Sergio che è stato trovato dentro lo spazio.

Fate girare la mail il più possibile, mettetela nei blog inoltratela fate sapere a tutti

Psycho killer.

Siamo tornati, hai visto? Siamo tornati e ci vuole un po' di tempo a metabolizzare e a scrivere per rendere di altri una cosa che è profondamente nostra. Per questo genere di cose, il tempo non è un problema. Per questo genere di cose, anche un punto sarebbe una conquista.

Siamo tornati e ogni volta sono delle montagne russe. A quei tempi di questi tempi sanguinavo e ansimavo e avevo sbagliato tutto. Sai, i tempi i modi le uscite di scena. Quel genere di cose in cui non ne sono mai venuto fuori in maniera decorosa. Quel genere di cose in cui poi si finisce che è sempre colpa mia. E col senno del poi abbiamo riempito lo stretto di Messina e abbiamo realizzato che è vero.
Domandiamoci perché esplodono tutte queste bombe e perché crollano i muri di camera nostra, perché non possiamo lanciare dischi fuori dai finestrini senza risultare sgarbati e perché non possiamo essere semplicemente liberi. Perché siamo succubi di sovrastrutture di ansie di male in polvere. Chiedi alla polvere. Ma magari nemmeno lei si degnerà di risponderci.
Tormenterò il tuo cervello con il mio essere stronzo, ovunque sarai. Ti sarò vicino con il mio cuore, ovunque sarai. Tornerò ad essere più cangiante di quello che mi sento adesso, quando salderemo il conto che c'è da pagare, quando saremo ricchi e ci leveremo dai coglioni, quando saremo forti e niente ci fermerà, quando saremo meno scurrili e ancora più ripuliti.
Indosseremo una camicia nuova, di quelle un po' larghe ma non troppo, sistemeremo il colletto in modo che non sporga da una parte, abbandoneremo la valigia in un valico sull'Appennino con tutti i panni sporchi e tutte le azioni sbagliate. Prenderemo biglietti d'aereo e andremo via. Andremo lontano fino a che si dimenticheranno. Di com'ero, di come sono.
O magari hai ragione tu, Claude, che non ci vediamo da una vita intera, che i muri cambiano di vernice ma resistono, e resistono solo quelli. Ma poi non ne sei sicuro nemmeno tu.
E allora mi prenderò il tempo che mi serve, attaccherò ai fianchi. Puntellerò le pareti della nostra stanza, con le mani bianche di calcinacci e la polvere che secca la gola fino a non poter respirare. A costo che resti solo la mia sagoma, nel muro. Poi vienimi a dire che sono uno stronzo.

Il resto arriverà quando ci siederemo qui con un bicchiere di aglianico e quattro o cinque sigarette di drum bianco e la testa sgombra. Continuiamo a ripulirci, cosa credi?