Alla fine il treno diventa quel luogo neanche troppo immaginario in cui smetto di pensare e comincio a scrivere. Su questo regionale in cui ci ho dormito, dove ho sproloquiato telefonate chilometriche verso tutti gli angoli d'Italia il più delle volte verso casa, dove ho preparato esami dagli esiti impensabili, dove ho immaginato infinite vite parallele, in ogni stazione, in ogni campagna.
E questa mattina è cominciata presto con De André nelle orecchie, con il professore che arriva con mezz'ora di ritardo e mi offre il caffé. Che ne ho bevuto uno dieci minuti prima ma va bene lo stesso. Dice che i lavori che ho preparato l'anno scorso adesso glieli somministra agli studenti di quest'anno, poveri loro, quelli che gli spedivamo ad orari improponibili e che poi erano orari in cui lui mi rispondeva immediatamente.
Gli ricordo che anch'io sono ancora uno studente ogni tanto, e lui mi risponde che ogni tanto è un professore ed è contento di sapere che non è l'unico a vivere in un colpo solo due o tre vite diverse. Anche se l'idea di tirare le somme a questa catastrofica carriera universitaria rende tutto più leggero, anche un progetto di tesi che l'aggettivo che ho sentito più volte quando l'ho spiegato è stato "utopico", insieme a "bellissimo". Allora alleggeriamo il tutto, e ci vediamo ogni tanto, e ci vediamo a Milano, al concerto. O a bere un altro caffé che il prossimo lo offro io. E poi ti telefono e ti racconto, così la strada tra l'università e la stazione sembra più corta, e poi mi arrivano messaggi su messaggi di gente che ha deciso di cercarmi proprio in quei tre minuti. Che lo abbiamo citato mille volte e in stazione mi viene a prendere Moltheni, tra un po'. E ovviamente adesso mi chiama per dirmi che è incastrato a casa e allora mi invita a pranzo. Con io che improvviso una conoscenza esagerata delle viuzze di Bologna, che chissà magari arriverò per cena. Mentre partono telefonate involontarie oltre l'oceano atlantico, e ti tratterò bene, e dorme la madre con il figlio in braccio e il figlio è enorme e avrà tre mesi al massimo. E continua questa cura di De Andrè e ogni tanto sbuca Fossati. Che bell'inganno sei anima mia, che bell'inganno per fortuna ci siamo ripresi appena in tempo e l'anima te la cedo volentieri, basta che ci vogliamo bene.
E ripenso ai commenti lunghissimi a cui non so rispondere, mi do tempo due settimane ma magari la prima volta che torno un po' ciucco le parole verranno. Che il concetto non è poi così complesso, e a pescare ci sono andato una volta. Anima mia, che bell'inganno sei.
E poi guardaci siamo qui a sopravvivere tra gli scioperi, sono passati due giorni e molte cose sono state sistemate, contro ogni previsione. Con questo sole e questi tramonti lontani, camminiamo in questa primavera ritrovata, anche se la borsa pesa un sacco ma non mi lamento e mi piacciono i tuoi commenti. E sei mesi sono passati, tanto per tornarci, tanto per tornare a quel nucleo di dolore che si attacca al cuore. Non fatemi pensare, e tra un anno spero di esserci, che non ho problemi a dirti che mi hai convinto. Sarà l'esperienza, sarà l'inesperienza, sarà che chissà quali saranno i miei prossimi scarponcini.
Che bell'inganno sei anima mia.
E questa mattina è cominciata presto con De André nelle orecchie, con il professore che arriva con mezz'ora di ritardo e mi offre il caffé. Che ne ho bevuto uno dieci minuti prima ma va bene lo stesso. Dice che i lavori che ho preparato l'anno scorso adesso glieli somministra agli studenti di quest'anno, poveri loro, quelli che gli spedivamo ad orari improponibili e che poi erano orari in cui lui mi rispondeva immediatamente.
Gli ricordo che anch'io sono ancora uno studente ogni tanto, e lui mi risponde che ogni tanto è un professore ed è contento di sapere che non è l'unico a vivere in un colpo solo due o tre vite diverse. Anche se l'idea di tirare le somme a questa catastrofica carriera universitaria rende tutto più leggero, anche un progetto di tesi che l'aggettivo che ho sentito più volte quando l'ho spiegato è stato "utopico", insieme a "bellissimo". Allora alleggeriamo il tutto, e ci vediamo ogni tanto, e ci vediamo a Milano, al concerto. O a bere un altro caffé che il prossimo lo offro io. E poi ti telefono e ti racconto, così la strada tra l'università e la stazione sembra più corta, e poi mi arrivano messaggi su messaggi di gente che ha deciso di cercarmi proprio in quei tre minuti. Che lo abbiamo citato mille volte e in stazione mi viene a prendere Moltheni, tra un po'. E ovviamente adesso mi chiama per dirmi che è incastrato a casa e allora mi invita a pranzo. Con io che improvviso una conoscenza esagerata delle viuzze di Bologna, che chissà magari arriverò per cena. Mentre partono telefonate involontarie oltre l'oceano atlantico, e ti tratterò bene, e dorme la madre con il figlio in braccio e il figlio è enorme e avrà tre mesi al massimo. E continua questa cura di De Andrè e ogni tanto sbuca Fossati. Che bell'inganno sei anima mia, che bell'inganno per fortuna ci siamo ripresi appena in tempo e l'anima te la cedo volentieri, basta che ci vogliamo bene.
E ripenso ai commenti lunghissimi a cui non so rispondere, mi do tempo due settimane ma magari la prima volta che torno un po' ciucco le parole verranno. Che il concetto non è poi così complesso, e a pescare ci sono andato una volta. Anima mia, che bell'inganno sei.
E poi guardaci siamo qui a sopravvivere tra gli scioperi, sono passati due giorni e molte cose sono state sistemate, contro ogni previsione. Con questo sole e questi tramonti lontani, camminiamo in questa primavera ritrovata, anche se la borsa pesa un sacco ma non mi lamento e mi piacciono i tuoi commenti. E sei mesi sono passati, tanto per tornarci, tanto per tornare a quel nucleo di dolore che si attacca al cuore. Non fatemi pensare, e tra un anno spero di esserci, che non ho problemi a dirti che mi hai convinto. Sarà l'esperienza, sarà l'inesperienza, sarà che chissà quali saranno i miei prossimi scarponcini.
Che bell'inganno sei anima mia.