lunedì 22 giugno 2009

La miscela di caffè.

Poi arriveremo ad un punto in cui tutto passerà. Passeranno i tuoi occhi e i secretshow e le visite inaspettate che riempiono e svuotano e riempiono ancora tra le bancarelle e gli 11B e le miscele di caffè. Passeranno i concerti. Passerà il tempo che allontana il Miami, il Circolo degli Artisti, il Sesto Senso. Il braccialetto rosa che apre le porte di qualsiasi posto. Ti ricordi della nuova musica italiana? La musica importante di Milano? I baci e i miei occhietti spenti e il caldo e tu che mi dici che tra tre minuti dobbiamo cominciare e io ti dico va bene ma almeno spostati da lì che piazzo le aste e i piatti. Il tuo cane con tre zampe, la mia scimmia con la sigaretta sempre accesa. Una collinetta che diventa una capannetta e la mia camicetta filogaypride.
Sentire in lontananza è un piacere essere qui oggeeee dal Pertini ci lascia, come dire, basiti. Per non dire sconvolti. Sconvolto almeno quanto il mio intermezzo delle tre antimeridiane in un non meglio imprecisato autogrill tra la Lombardia e l'Emilia alla disperata ricerca di un pacchetto di camel e di una brioche alla marmellata. Fear and loathing.
Cambiano gli autogrill e le latitudini e Roma e il Circolo degli Artisti lo si aspettava da un po', come di perderci nei raccordi anulari interstellari e alla Magliana, che hanno ucciso l'ultimo dei capi poco tempo fa, e ora non è rimasto più nessuno. Che uno dei capi storici è sepolto con tutti gli onori in Vaticano. C'è il giardino e la piscina fuori del Circolo, e l'aria condizionata che sul palco non si sente per niente. E Uncinetto, quanto tempo è passato, che piacere è stato. Ti vedo più adulto mi dici ci mancherebbe dopo tutto quello che mi è successo se fossi il bambino di prima sarei decisamente ritardato ma arrossisco. In attesa che ci arrestassero che c'era pure Gheddafi, in giro, a Roma, magari non al Circolo, magari non al Link, a fare mattina. Ci dovevi essere quando al primo vero colpo della prima vera canzone si è spezzata una bacchetta e ho quasi abbattuto Marcello. Avresti sorriso, o avresti tirato fuori la lingua. Lo so.
E il Sesto Senso, un giorno passeggeremo in via Petroni e ti dirò sai qui una volta c'era un locale era bellissimo anche se si sentiva da culo alla fine è stato uno dei posti che ho frequentato di più quando sono arrivato a bologna ci ho visto egle la prima volta ho conosciuto matteino e un sacco di persone a cui adesso sono in qualche modo legato ci abbiamo suonato per santificarne la chiusura è stato surreale è stato strano.
Strano come prendere in mano le bacchette della steeldrum davanti a un po' più gente rispetto che una salaprove. Strano come il timpano che danza con i miei mojito sul palchetto. Strano come tornare a casa, il giorno dopo, e lasciarsi tutto alle spalle, e ritrovarsi nei quaranta gradi di una Padova che appartiene ad altri. Che appartiene agli universitari. E sentirsi male mentre mi dici a memoria tutte le leggi i decreti legge le proposte di legge le leggi mancate e io che a malapena conosco le due su cui si basa l'esame. Poi però mi dici una delle due che conosco e allora capisco che ti stai autoconvincendo di saperne a pacchi. E in realtà non sai un cazzo, come tutti noi. Allora sto meglio. Allora venticinque.
Ritaglio attimi di silenzio e di fumo di sigaretta, passa il treno veloce la mandria resta a guardare, inutile aspettarsi una reazione che non c'è. Le verità sparate come le camel senza filtro e i sorrisi amari al limite delle lacrime. Che la cosa nasce e muore qua, nasce e muore così, perchè più attenzione significherebbe più interesse e significherebbe maggior coinvolgimento e significherebbe che non se ne esce vivi. Che a volte lascio che le cose passino e mi sfiorino, anche se poi quell'impianto era troppo piccolo e si sentiva veramente male ed è stato un po' un peccato perchè Benvegnù è sempre Benvegnù.
Basta un abbraccio, nella penombra, andare a mangiare del pesce dove lo fanno bene, basta la consapevolezza che non ci prenderanno mai e se ci spareranno contro non ci uccideranno. Che anche con il pavimento pieno di sangue e i movimenti lenti e tirati, potremo guardarli e dire loro sbiliguda venial con la supercazzola prematurata confesso come foss'antani con lo scappellamento a destra e costantinato ammaniti fifttyfifty per la fine come fosse mea culpa.
Loro non capirebbero, in ogni caso. Ed è per questo, che ce ne andremo. Vivi.

lunedì 1 giugno 2009

Don't remember who I am.

Per essere più cattivo ho guardato un po' di foto vecchie trovate chissàddove e un po' di nuove, che non ci riguardano più. Che poi ho scoperto che le hanno guardate tutti, quelle nuove. E ho tirato fuori il cd del Teatro degli Orrori. Con il rischio di sembrare in qualche astrusa forma, come dire, interessato. Invece le impressioni confondono e semplicemente mi scioglievo al sole, e mi ripetevo a bologna è peggio a casa magari tira vento fai che non ti trovi fai che almeno stavolta...
Fai invece che anche questa volta ti trovo e ti ascolto appena. Come un lento costante rumore di fondo come il lontano rimbombo di un pensiero scomodo. Fai che mi passi la mano tra le costole e fai finta di preoccuparti, ci sta. Fai che un peluche che prende il sole sia una cosa quantomeno insolita da sorriso sincero, ci sta. Fai che quando realizziamo di stare su continenti diversi poi è come buttarsi da una discesa leggera, che è tutto più facile, che l'equilibrio è stato trovato e non si cade più. Ma non puoi chiamarmi col suo nome. Non puoi confondere, mischiare. No, cazzo. Io sono io, lui e lui. E ci passa molto più che un continente.
Che poi alla fine non sono per nulla cattivo, ho solo voglia di mangiare, ma non ho appetito. Di avere tempo con gli Amycanbe in sottofondo. Il tempo che è rimasto proprietà di tutti gli orologi che ho fatto sparire da camera mia perchè non mi fanno dormire. Il tempo che dovrebbe essere quattro volte tanto per fare la metà delle cose che devo fare. Così avremmo più tempo di parlare della differenza che passa tra un cantante e un interprete. Così avremmo più tempo di leggerci le mani e gli occhi e di sventrarci nelle nostre partite serali di calcetto, sempre più squadra da dopolavoro con pretattica al bar, e caffè-sambuca-sigaretta.
Che poi alla fine basta che ci arrabbiamo e chiudiamo gli occhi, che litighiamo mentre parliamo di niente in particolare, che dio nello specifico è ebreo e suona la chitarra nei Monotonix, che così le settimane passano e non ne sentiamo troppo il peso. Che una volta strattonavamo il mare e adesso il mare è arrabbiato e si è alleato col freddo, che sono dieci gradi di meno e si sentono tutti.
Quando mi chiedi adesso hai meno freddo? Quando ti dico me ne vado per un po' e il Nantes è retrocesso ed è un peccato perchè a Nantes mi ci sarei trasferito di corsa ma non andrei allo stadio a vedere una partita di ligue2. Che ci sono già passato. Ed è come buttarsi giù per le scale. Che ci sono già passato, giù per le scale, con la valigia piena e tutto il resto.