sabato 13 novembre 2010

Vedrai tra sei mesi ti chiamerà.

Ci meritiamo questo, amore? La mia nuova vita confezionata tra le pagine di quei libri che avrei sempre voluto leggere, tra i messaggi che continuiamo a non scriverci, tra i sussulti notturni quando siamo tutti svegli e ci citofonano per dirci che una nonna non c'è più. La nonna, quella vicina, quella che aveva svoltato di botto i novanta e erano ventanni almeno che la sentivo dire che non avrebbe superato l'inverno e invece era sempre lì. Ci meritiamo questo? Delle telefonate sbagliate e poco importa se mi dici vedrai tra sei mesi ti chiamerà, restano quelle scale e quell'albero a cui mi appoggio e ritorno indietro, a due anni fa, a due vite fa. A quando poi ho cominciato a sbobinare tutti quei nastri fatti di parole non dette, di giacchette da giornalista, di nemesi, di pedaliere per la voce, di convinzioni che rivolti come il più classico dei calzini.
E non credermi quando mi trovi nascosto dietro ad una colonna, sì sono proprio io. A dispiacermi di non essere trasparente. E non credermi quando mi trovi fuori del teatro comunale di Ferrara, sì un po' mi ci hanno trascinato, che mi fa solo che bene. E non credermi se molto di questo lo faccio per te, perché sai prendiamo degli alianti e voliamo via e a volte poi ci si guarda indietro e non si capisce più da dove si è partiti.
Non usiamo le parole d'altri ma facciamo scorta di parole, tutte quelle parole che sono rimaste tra le righe. Tutte le parole e i baristi di Strada Maggiore mentre prendiamo gli autobus al volo, mentre sbagliamo fermate mentre dimentichiamo gli ombrelli, mentre ci siamo lavati di tutte le sovrastrutture/e/e/e e adesso passare una serata insieme ci fa solo che sorridere.
Non usiamo le parole d'altri mentre tu all'estero ci dovresti andare, mentre in un ritorno in treno è scivolata via tutta la notte del pratello. Mentre non è giusto bruciare i nostri weekend chiusi in bagno, ad ingurgitare valeriana per poi uscire, a farsi le sigarette per poi buttarle dopo tre tiri, a fumare da solo appoggiato sul tuo poggiolo. Non è giusto lo sai, lo sanno le chitarre distorte, lo sanno le risaie di Vicenza, lo sanno i violini che non si sentono, lo sa la nebbia e i fanali che si bruciano. Gli incidenti e gli autogrill, lo sanno tutte le cose che ci dividono, che ci differenziano. Ci meritiamo questo, amore? Tra otto ore non ci sarà nessun aborto, ci saranno ancora telefonate sbagliate, al massimo. A volte basta così poco, per risultare peggiori di quello che crediamo di essere. Perché penso che questo, non se lo meriti nessuno.