mercoledì 28 gennaio 2009

Al massimo

Quando in anticipo sul tuo stupore verranno a chiederti del nostro amore, tu chissà dove sarai. Io al massimo sarò fermo a soffiare dentro ad un etilometro e a chiedere all'ordine costituito come si fa? che non è che sia un habitué, che ormai già vedevo all'orizzonte il letto e le tapparelle abbassate e quella lampada dell'ikea che accendo e spengo con il piede. Io al massimo sarò davanti a questo computer a organizzarmi la vita e a chiedermi perchè la scrivania che ho sistemato tre giorni fa è già tornata ad essere un bordello anarchico. Ridendo che tra le persone che potrei conoscere in facebook c'è Gianni Maroccolo, e non c'è il mio vicino di casa. Io al massimo sarò da qualche parte a sogghignare su qualche palco e a togliermi i capelli dagli occhi perchè non vedo il rullante ma poi tanto se mi prende bene suono con gli occhi chiusi. Io al massimo prenderò in mano i libri e mi costringerò a studiare, per provare ad emulare il bravo studente di una vita fa. Quello dei voti alti che si presentava alla maturità dicendo all'odiato professore di italiano chiedimi quello che vuoi che tanto so tutto, e sapeva tutto.
Quando strattonavamo il mare, dove andavamo a farci male?

"Grazie, questa è la sua patente, può andare, buonasera".

giovedì 22 gennaio 2009

Lo sgarbo del tobral - sPAZIO211, Torino

Ci svegliamo un sabato mattina di gennaio e non abbiamo gli occhi. E non sappiamo assolutamente dove siano, mentre mi sfioro con le mani e sento solo ciocche di capelli inutili appiccicate ovunque. Sbatto contro qualcosa devo tagliarmi i capelli devo farmi un caffè sono gli unici pensieri. Poi magari mi sveglio davvero. Ti chiamo non ti chiamo per dirti che sono diventato cieco? Non ti chiamo. Solo perchè ti faccio già preoccupare abbastanza solo perchè sei anche tu a Bologna. Solo perchè piano torno alla vita, annegando nel getto freddo del lavandino. Il sollievo di realizzare che gli occhi ci sono lo stupore di realizzare che gli occhi sono due squarci rossi. Attorno il silenzio e sarà comunque quasi mezzogiorno. O forse le undici e un quarto. Mi infilo i primi vestiti che trovo mi preparo un caffè rollo una sigaretta si sveglia Marcella e le lascio l'altra metà della moka. Il biglietto che le avevo scritto sembrava il più tipico dei biglietti d'addio. Buongiorno se ti svegli e non mi trovi son andato a cercare una farmacia e a curarmi gli occhi. Alternativa tragica a esco vado a prendere le sigarette. Esco a sbattere la testa sulle saracinesche delle farmacie chiuse. Torino aspetta e non abbiamo tempo, mentre collezioniamo i peggiori autogrill d'Italia. Paolo mi dice qualche vita fa c'ho anche lavorato qui me ne sono andato dopo più o meno quindici minuti. Torino aspetta e da Reggio Emilia in poi è una distesa di neve troppo bianca anche per i miei Rayban. Te lo dico perchè alla neve non ci sono abituato. Che quando arriviamo c'era la voglia di cominciare a lanciarsela dietro.
Lo sPAZIO211 lo sentiamo abbastanza, e colonizziamo il camerino immediatamente con poca voglia di abbandonarlo. Che è piccolo e comodo e ci fumiamo dentro da subito. Mentre i miei occhi ringraziano, e mia madre mi telefona e non succedeva da tanto in un preconcerto tipo dall'Estragon. Mi telefona e mi consiglia di annegare gli occhi nella camomilla. Ci penseremo poi saltellando tra le vie industriali di Torino e ogni volta che ci torno mi piace sempre di più. Se non fosse così distante sarebbe il posto indicato per la nostra fantomatica camera d'albergo, amore che la nostra fortuna sarà sempre quella di non avere i percorsi segnati. La farmacia aperta ventiquattroresuventiquattro ha chiuso alle dieci, e non la apre nemmeno la bestemmia che le tiro dietro.
La parola d'ordine della serata è sgarbato e quando si pronuncia di solito tutti guardano me. Provo ad obbiettare che stronzo mi starebbe meglio ma non c'è verso. Provo ad obbiettare morsicando l'ultima sigaretta prima di salire sul palco. Pensavo che la gente fosse un pò più distante, invece conto le paia di occhi che si domandano che cazzo ci fa il batterista dei Blake/e/e/e ad un concerto dei Blake/e/e/e con la maglia dei Franklin Delano.
E come nelle migliori occasioni ci dimentichiamo chi siamo e cosa ci portiamo in dote, canzoni che sentiamo sempre più "nostre" e due occhi che in fin dei conti reagiscono bene.
Anche quando l'accordatore di Egle decide di ammutinarsi, e ci manca solo che lo prenda e lo lanci contro la prima fila.
Il resto sfuma e alle due diciamo bene ce ne andiamo e andiamo via alle quattroemmezza, non prima di averti detto perchè mi detesto quando faccio certe cose e tu mi rispondi ci sono passato anch'io ma ero un pò più giovane quando ho cominciato ed ero un pò più vecchio quando me ne sono reso conto. E' fatta penso e svengo sul divanetto.
Avremmo distrutto la camera d'albergo ma non c'era niente da distruggere. La vista dalla finestra sarà lo spunto di un romanzo postindustriale, e ci ricordiamo appena del cantiere aperto da film horror. Filiamo via di qui immediatamente, furono le ultime parole.
La mattina ci svegliamo con una colazione greca. Che spiace deludervi, ma è solo un caffè, e una sigaretta.
L'ultimo pensiero, in picchiata nel tuo messaggio da centosessanta caratteri. Che sto tornando e per la prima volta forse mi viene da pensare che non sia più un ritorno ma un'andata. Questione di prospettive. E gli occhietti stanno meglio, anche senza tobral.

mercoledì 21 gennaio 2009

Radio di confine - Locomotiv, Bologna

Il nuovo terrore è il tempo che scorre. E' realizzare che tutto procede più velocemente di un tempo. Che il Locomotiv il 16 gennaio sembrava distante milioni di universi, come tu sembravi distante miliardi di universi. Come tutto questo in fin dei conti.
E invece tutto è arrivato relativamente presto. Con la costanza dei nostri hard times e con una colonna sonora fatta di pezzi sempre più lontani dal cosiddetto mainstream. Ci siamo reinventati perchè questo è quello che siamo, adesso, siamo fatti di sensazioni al limite, di radio di confine.
Aspettando quei momenti ci riscoprivamo ammalati, di quei malesseri diffusi che sfogano negli occhietti spenti, e rossi. Negli occhietti lucidi, che mentre fatichiamo a tenerci in piedi non possiamo che dire proprio oggi no mi gioco il jolly ma proprio oggi no. Invece non è ieri, è oggi. Oggi che ci sei anche tu perchè un concerto intero te lo meriti tutto.
Non trovo pace mentre Shiva Bakta ci stupisce dal palco mentre colleziono aspirine mentre colleziono le vostre preoccupazioni sul mio precario stato psicofisico. Finchè qualcuno dice bene portiamo a casa la giornata e siamo sul palco senza avere avuto il tempo che ci prenda male, come sempre.
E come nelle migliori occasioni ci dimentichiamo chi siamo e cosa ci portiamo in dote, un archetto di violino semidistrutto e due occhi che non hanno nemmeno la forza di piangere. E la batteria è sempre la stessa ma suona meglio, e nonostante tutto ti cerco tra le prime file perchè non potresti essere in nessun altro posto. Egle che mi tiene il tempo con la mano e facciamo le stesse cose su un'acustica e su un timpano.
Non mi ricordo bene ma penso di aver sorriso come un bambino quando vi ho applauditi. Mi avete dato in mano un giocattolo di quelli spaventosamente belli. Come le citazioni inaspettate dai film più improbabili da sei una donna puoi portare rancore per sempre all'opossum del meltdown dell'era glaciale.
Non mi ricordo bene ma penso di aver perso conoscenza ad un certo punto, nonostante fossi sveglio. Come quando fuori fa freddo e scatta l'allarme della macchina a stordirci tutti.
Non mi ricordo ma c'erano persone speciali venerdì sera. In un Locomotiv paurosamente gonfio. Persone auspicate persone abbracciate persone baciate. Persone che Bologna la sento, irrimediabilmente, più casa mia.

lunedì 12 gennaio 2009

La tua schiena - Officina49, Cesena

Siamo tornati. Con tutte le nostre amabili imperfezioni. E i periodi ipotetici troppo corti. Perchè ci diciamo noi lo sappiamo, lo sappiamo che spezzare i pensieri serve a spezzare le gambe alla paura di esporsi. Il treno è sempre il solito treno e al solito arrivo a Bologna e piove. Che spero la mia memoria mi tradisca ma bologna e piove era anche una canzone mediamente inascoltabile di Poggipollini.
Togliere la ruggine è abbastanza semplice anche se per scaldarci abbiamo dovuto dare fuoco a NM'sLoSE, in una versione da dirci bene è venuta unammerda buon duemilaenove.
Togliere la ruggine è abbastanza semplice come parlare per ore e fumare per ore e dimenticare di prepararci il pranzo ma nel compenso sfarci di caffè. Che ne metto su una decina che l'attenzione verso di te rimane immutata. Che mi specchio e incrocio gli occhi per non vedermi perchè sbucherebbero chiaramente i troppi fili scoperti.
La logistica delle macchne per stare meglio e comunque il timpano mi precipita addosso ad ogni curva. Come Bob Corn in autogrill con quel suo modo di fare che è inspiegabile e mi diverte un sacco e l'ultima volta ci eravamo visti al freddo al gelo al suo concerto al Big Fish, svariati chilometri verso casa mia. Inspiegabile dicevo come tutto il freddo che abbiamo sofferto nella sala concerti dell'Officina49, mentre ti telefono dicendoti che va male, che non ho il coraggio di togliermi il cappotto e che vorrei pensare a tutt'altro ma non ci riesco. Almeno si sente bene penso mentre lancio il cellulare contro il muro. Almeno io pagherò le conseguenze di una vita non propriamente salutista dice Egle ma pure te non scherzi. E ci ripenso mentre ho tra le mani il racconto di VascoBrondi stampato a mano su carta cotone e faccio una fatica mostruosa a leggere perchè si fa una fatica mostruosa a leggere con tutte quelle paroline vicine e quelle frasi che non si capisce troppo. Come ti sembra? mi chiede l'uomo-dell'anno una cagata pazzesca dico io ma in realtà stavo pensando alla forma, che non posso strizzare gli occhi più di così. In realtà non è male per niente. Che poi ci diremo che siamo tutti degli indie del cazzo e la nostra lotta quotidiana per un bicchiere d'acqua ci annegherà tutti.
Che poi magari c'è gente che ci dice che scriviamo come lui e magari questa gente potrebbe anche leggersi un pò di letteratura quella seria e poi evitare certi commentini del cazzo tra le pagine di myspace.
Il tè caldo prima di suonare crea degli scompensi a livello di temperatura corporea. Così non mi ricordo neanche di essere salito sul palco. Che c'era gente, che faceva così freddo che gli altri erano in cappotto e io dopo The Thing's Hollow ero già solo con la maglietta a mezzemaniche.
E ovviamente si sentiva malissimo, che dopo mesi ci chiediamo ancora come sia possibile, che in linea teorica quando arriva la gente si sente meglio, diceva qualcuno.
Non faccio caso a niente e nessuno mentre studio una corsia preferenziale verso il bar.
Non faccio caso a niente e nessuno mentre ti saluto e ti sorrido e un secondo dopo ho completamente dimenticato la tua faccia.
Non faccio caso a niente e nessuno mentre siamo a casa e ci siamo già detti tutto. E allora ci caliamo un baffo. E ci addormentiamo rigirandoci nel letto accampato, pianificando strategie, sorvolando, bestemmiando. Devo riprendermi le notti mi dicevo un attimo prima di svenire, e cercavo con la mano la tua schiena.
Ma la tua schiena non era lì.

venerdì 2 gennaio 2009

Ciò che resta di noi sotto il tappeto

Duemilaenove, di già. Ancora un pò e saremo fuori dagli anni zero. Si necessiterà di un altro cantore, almeno. Duemilaenove e fatico a scrivere, che magari è come dicevi tu che scrivere esprime un bisogno una mancanza, e la mia mancanza al momento non riesco ad inquadrarla chiaramente. Duemilaenove e magari mi guarderò più a lungo allo specchio, e mi prometterò quelle cose che non ho voluto fare.
che mi avrebbero cambiato in meglio, insieme a lei
Duemilaenove ma c'è stato un duemilaeotto di polsi che non si potranno mai ricucire. Che sono cambiati i connotati. Che sono cambiate le sensazioni. Che sono come i treni presi prestissimo, come il sole di Ancona e le sue colline, come i nostri caffè che pian piano abbiamo lasciato raffreddare.
Le onde lunghe che ci perseguitano sulle tangenziali, sulle autostrade, sui viottoli di campagna. Sai, quanto non mi piaccia la campagna. La tanto attesa svolta, che non arriva mai. Che a volte vedi quello che vuoi vedere tu, perchè diciamocelo a volte è necessario. E dai tuoi occhi non si vedeva il mare, ma io lo immaginavo lo stesso. Come un estremo atto di fiducia.
Ci siamo smontati come fossimo elettrodomestici in avaria, e quando ci siamo rimontati sono avanzati un pò troppi pezzi, che hai nascosto sotto il tappeto, com'è classico. Così sono dovuto scappare, a fotografare la pioggia che male che vada ci pioverà nelle converse, visto che vanno tanto di moda. Devo riprendermi le notti mi ripetevo mentre fingevo di dormirti affianco, che ho l'abbonamento all'insonnia specie quanto sto con te, che non è che sto in dormiveglia proprio non chiudo occhio e tu non te lo ricordi nemmeno di quando tanto tempo fa che eravamo ancora mezzuomini all'alba cercavo le sigarette per andare a fumare in poggiolo, che magari svenivo sulla seggiola e mi svegliavo a mezzogiorno. Ma non era duemilaeotto.
Ciò che resta di noi sotto il tappeto e finalmente ti ho trovata. Inaspettata. Che già sapevo chi eri ma tutti sappiamo tutto di tutti e quindi non vale. Anche se sparisci, anche se non potevo immaginare che la pioggia ci sarebbe stata avversa e che ogni volta le converse si sarebbero bagnate solo a me. Ti porterò col mio cavallo bianco nel nostro bel castello in aria, ti promettevo senza avere il coraggio di dirtelo. Pianificando le parole buone passando in rassegna i muri di Padova che sono tutti scritti. Di parole eccessivamente buone e troppo mielose che solo a leggerle ingrassi. Che per ogni ti amo scritto e scoppiato, bisognerebbe far brillare il muro. Ma questo lo pensavo tentando di dare una geografia plausibile al mio cervello soprattutto dopo i nostri aperitivi al quadrato, e molto spesso al cubo.
mi scrivi per sapere che tempo fa nella mia testa
e vorrei risponderti
Ciò che resta di noi sotto il tappeto lo abbiamo sofferto con il caldo, lo abbiamo sofferto in difetti di comunicazione non indifferenti, che ti avrei lanciato contro gli Spitfire, se volassero ancora. Che senza benzina e con troppe poche munizioni ci hanno portato a lunghi silenzi, null'altro. Riscopro i cocahavana, e le feste quelle che il tuo equilibrio interiore è troppo lontano dall'equilibrio della tua bicicletta. Se mettiamo in fila le bottiglie vuote di morettirossa penso copriremo un campo da calcio. E i primi sguardi allo specchio perchè tutti mi dicono mattia guarda che stai male guarda che non t'ho mai visto così e io non capisco che magari non lo so mi si è aperta la testa e sta uscendo il cervello e non me ne sono accorto. Invece niente. Perchè qui è così. Al massimo due buchi in meno sulla cintura, e uno splendido bagno in piscina a mezzanotte.
Ogni tanto ci sentiamo ancora ma non mi ricordo mai di che estate parliamo, che magari era quella prima. Che magari sarà quella dopo. Quest'estate qui invece ti arriva una mail di quelle che a rispondere ci metti un pò, e non mi ricordo come diavolo ho fatto a dirtelo di persona visto che in quel periodo ti odiavo ma mi ricordo perfettamente quando te l'ho detto eravamo nella stradina della Zitta a Padova, di fronte alla Levi's. E mi ricordo davvero? ma è bellissimo sono così fiera di te e io ti rispondo sì ma non è ancora detto adesso devo andare giù e poi vediamo.
Ciò che resta di noi sotto il tappeto e il resto, uniti per cause di forza maggiore, un diciannove agosto che ti porto anche il regalo di compleanno con rilevante ritardo, che ci siamo mancati per poco e tu sei espatriata. Pensare di girare una pagina. Bisogna smettere di pensare. Bisogna dirsi bene quello che suona la chitarra lì davanti e sembra avere un sonno della madonna è proprio lui, quello col basso ci siamo scambiati mail e telefonate e adesso finalmente è fatto non solo di bit e di voce, quella seduta davanti agli aggeggi elettronici è proprio lei e tu sei tu e almeno una cosa in vita oltre a rompere i coglioni forse la sai fare quindi falla.
I Blake/e/e/e hanno sconvolto la mia vita. Non aspettavo altro.
Poi siamo scappati ma siamo sempre tornati indietro, portandoci dentro scatole di fiammiferi accesi. Pensare di girare pagina e trovarci sempre lì. Cominciando da Bologna. Se non fosse per il buco dell'ozono, per gli sbalzi climatici, le piogge acide, il presidente operaio, se non fosse per il filo spinato che hai attorno al cuore e per gli happyhour dove tutti sembrano ancora più cialtroni. Siamo sempre qui. Le uscite di sicurezza sono lì, lì, là. Il palco è troppo grande per noi, come il mondo. Che se mi fermo a pensare come Amelie Poulain a quante persone in un dato momento in un dato posto hanno un orgasmo, impazzisco. Perchè è una risposta impossibile.
Ciò che resta di noi sotto il tappeto e i camerini, le telefonate nei postconcerti a turbare la tua quiete più come un gesto scaramantico a posteriori. Che quella volta a Reggioemilia non avevo soldi per chiamarti ma non mi ricordo bene però mi ricordo benissimo le consumazioni gratis. Che quella volta all'Estragon era stato tutto troppo adrenalinico per non dirtelo subito e mi chiudo in bagno per sfuggire all'anarchia e tiro fuori il cellulare e compongo il tuo numero e quasi mi cade il cellulare nella tazza. Ricominciare a rollare sigarette e chilometri di biglietti e di treni e di coincidenze sballate. E più mi allontano più vi vorrei avere vicini. Ma più mi allontano più vi allontanate.
Scherzavamo sul nostro amore mancato e scherzavamo sui Massimo Volume. Che un attimo fa non esistevano ed eravamo convinti di averli persi per sempre. E poi gli apriamo i concerti.
Scherzavamo sul nostro amore mancato e ora stiamo insieme. Fissiamo a tavolino le date per riderci su e abbracciarci un pò più forte. E ci scambiano per milanesi, chissà da cosa, poi.
produzioni seriali di cieli stellati
Duemilaeotto, passato. Ho dimenticato cose talmente grandi che non so. Ho ricordato cose forse inutili, non so.