martedì 22 aprile 2008

Il tacito accordo era di vivere solo tre giorni

Ci sono cose che non hanno prezzo. Ci sono pensieri difficili da trattenere. Et ci sono sensazioni che vanno provate senza mettere nulla in preventivo. Quindi ti ringrazio, innanzitutto, perchè una Roma così, non me la sarei mai aspettata, con te. Con te che non ci vedevamo da mille anni et ci eravamo lasciati malissimo et non ci eravamo più sentiti perchè le nostre vite come due rette non parallele, dopo un fugace punto d'incontro sembravano essersi allontanate per sempre. Con te che ci abbiamo messo trenta secondi per dirci "andiamo a Roma?" "sì, andiamo".
Una scommessa, un azzardo. Una cosa estrema, com'è sempre stata la nostra normalità.
Et siamo andati, et l'abbiamo vissuta a modo nostro, come quando eravamo così piccoli da vivere cose oggettivamente troppo grandi di noi.
Et ho scoperto una città che le gite scolastiche non insegnano, una città viva, immensa et bellissima, et ora capisco Marcello quando a Londra mi sussurrava mentre barcollavamo fuori di un irishpub "Londra è figa, ma Roma è meglio...".
Londra resta Londra, ma mai avrei pensato che Roma fosse così. Roma dov'è? Et non c'erano lacrime alla stazione Termini, c'era un velo di curiosità all'arrivo, et lo stesso quando ce ne siamo andati.
Et c'è stata quella pioggia veloce, dieci minuti per ricordarci che la pioggia ci ha sempre accompagnato, che cambiano i cappotti et le scarpe, le unghie sono più mangiate, io son passato dalle camelblu alle marlborolightmorbide et tu dalle marlborolightmorbide alle chesterfieldblu, ma che la pioggia è una costante, perchè sotto la pioggia ci siamo conosciuti, et è stato giusto così.
Spero per te che Roma ti sia servita quanto è servita a me. Ho scrollato un pò di ruggine, ho lasciato i pensieri tristi fuori da quella stanza d'albergo a quattro stelle trovata con un formidabile lastminute.
Et quanto abbiamo riso quando abbiamo visto sulla porta che in alta stagione quei pochi metriquadri costavano quattrocentoeuroanotte. Mentre noi gliene abbiamo lasciati una sessantina, ridendo et prendendoci in ricordo i flaconcini di shampoo.
Et quanto abbiamo riso quando siamo stati in balìa dei tassisti per due notti intere, ovunque, i parcheggi in quarta fila, le sfide con le corriere, et noi a parlare di tutti quelli che abbiamo lasciato indietro, non solo per le strade di Roma.
Et quanto abbiamo riso quando ti si incastravano i tacchi nel ciottolato di Trastevere, et le sigarette le bruciavamo una dietro l'altra raccontandoci clamorosamente ubriachi cosa ci era successo dal duemilaequattro ad oggi. Che poi non ci interessava nemmeno, che il tacito accordo era di vivere solo tre giorni. Quei tre giorni, a Roma.
Et quanto abbiamo riso quando la strabica ci ha costretto a mangiare quello che voleva lei, ignorando i menù che da troppo stavamo guardando, et il concerto jazz al Testaccio che abbiamo ascoltato et sembrava suonassero solo per noi et per i nostri cocktail troppo costosi per essere così leggeri.
Se avessimo trovato la boccadellaverità aperta, et mi avessero domandato se ero felice di vederti, dubito mi si sarebbe staccata la mano. Nonostante i miei attimi scuri, diluiti in chilometri et chilometri di discussioni serie sempre col sorrisetto in faccia. Roma dov'è?
Et no, caro receptionist, non siam venuti a Roma in macchina, sennò come documento di riconoscimento non ti avrei lasciato la patente. Te l'ho lasciata perchè non mi serviva, et perchè la foto della carta d'identità mi vergogno a mostrarla.
Il resto, lo tengo per noi, come i mcabbracci et la mcmacchina et tutto quello che ci siamo inventati.
Al resto, fondamentalmente, ci teniamo troppo.

Grazie, a te.




Et poco importa che il Circolo degli Artisti era a mille chilometri da dove stavamo noi et non ci siamo potuti andare.
Et poco importa che mi è arrivato un messaggio inaspettato, un ci siamo lasciati che mi lascia indifferente. Te l'avevo detto che so essere terribilmente stronzo, anche se questa volta me lo sono risparmiato et ho evitato di affondarti.
Et poco importa che quando ho telefonato ad un parente prossimo per sapere quanto ha fatto la Juve, sono diventato la persona più importante del vagone.
Et poco importa quella sciagurata scalareale di cui, sciaguratamente, non me ne sono sciaguratamente accorto. Cazzo, importava eccome.

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