giovedì 22 gennaio 2009

Lo sgarbo del tobral - sPAZIO211, Torino

Ci svegliamo un sabato mattina di gennaio e non abbiamo gli occhi. E non sappiamo assolutamente dove siano, mentre mi sfioro con le mani e sento solo ciocche di capelli inutili appiccicate ovunque. Sbatto contro qualcosa devo tagliarmi i capelli devo farmi un caffè sono gli unici pensieri. Poi magari mi sveglio davvero. Ti chiamo non ti chiamo per dirti che sono diventato cieco? Non ti chiamo. Solo perchè ti faccio già preoccupare abbastanza solo perchè sei anche tu a Bologna. Solo perchè piano torno alla vita, annegando nel getto freddo del lavandino. Il sollievo di realizzare che gli occhi ci sono lo stupore di realizzare che gli occhi sono due squarci rossi. Attorno il silenzio e sarà comunque quasi mezzogiorno. O forse le undici e un quarto. Mi infilo i primi vestiti che trovo mi preparo un caffè rollo una sigaretta si sveglia Marcella e le lascio l'altra metà della moka. Il biglietto che le avevo scritto sembrava il più tipico dei biglietti d'addio. Buongiorno se ti svegli e non mi trovi son andato a cercare una farmacia e a curarmi gli occhi. Alternativa tragica a esco vado a prendere le sigarette. Esco a sbattere la testa sulle saracinesche delle farmacie chiuse. Torino aspetta e non abbiamo tempo, mentre collezioniamo i peggiori autogrill d'Italia. Paolo mi dice qualche vita fa c'ho anche lavorato qui me ne sono andato dopo più o meno quindici minuti. Torino aspetta e da Reggio Emilia in poi è una distesa di neve troppo bianca anche per i miei Rayban. Te lo dico perchè alla neve non ci sono abituato. Che quando arriviamo c'era la voglia di cominciare a lanciarsela dietro.
Lo sPAZIO211 lo sentiamo abbastanza, e colonizziamo il camerino immediatamente con poca voglia di abbandonarlo. Che è piccolo e comodo e ci fumiamo dentro da subito. Mentre i miei occhi ringraziano, e mia madre mi telefona e non succedeva da tanto in un preconcerto tipo dall'Estragon. Mi telefona e mi consiglia di annegare gli occhi nella camomilla. Ci penseremo poi saltellando tra le vie industriali di Torino e ogni volta che ci torno mi piace sempre di più. Se non fosse così distante sarebbe il posto indicato per la nostra fantomatica camera d'albergo, amore che la nostra fortuna sarà sempre quella di non avere i percorsi segnati. La farmacia aperta ventiquattroresuventiquattro ha chiuso alle dieci, e non la apre nemmeno la bestemmia che le tiro dietro.
La parola d'ordine della serata è sgarbato e quando si pronuncia di solito tutti guardano me. Provo ad obbiettare che stronzo mi starebbe meglio ma non c'è verso. Provo ad obbiettare morsicando l'ultima sigaretta prima di salire sul palco. Pensavo che la gente fosse un pò più distante, invece conto le paia di occhi che si domandano che cazzo ci fa il batterista dei Blake/e/e/e ad un concerto dei Blake/e/e/e con la maglia dei Franklin Delano.
E come nelle migliori occasioni ci dimentichiamo chi siamo e cosa ci portiamo in dote, canzoni che sentiamo sempre più "nostre" e due occhi che in fin dei conti reagiscono bene.
Anche quando l'accordatore di Egle decide di ammutinarsi, e ci manca solo che lo prenda e lo lanci contro la prima fila.
Il resto sfuma e alle due diciamo bene ce ne andiamo e andiamo via alle quattroemmezza, non prima di averti detto perchè mi detesto quando faccio certe cose e tu mi rispondi ci sono passato anch'io ma ero un pò più giovane quando ho cominciato ed ero un pò più vecchio quando me ne sono reso conto. E' fatta penso e svengo sul divanetto.
Avremmo distrutto la camera d'albergo ma non c'era niente da distruggere. La vista dalla finestra sarà lo spunto di un romanzo postindustriale, e ci ricordiamo appena del cantiere aperto da film horror. Filiamo via di qui immediatamente, furono le ultime parole.
La mattina ci svegliamo con una colazione greca. Che spiace deludervi, ma è solo un caffè, e una sigaretta.
L'ultimo pensiero, in picchiata nel tuo messaggio da centosessanta caratteri. Che sto tornando e per la prima volta forse mi viene da pensare che non sia più un ritorno ma un'andata. Questione di prospettive. E gli occhietti stanno meglio, anche senza tobral.

1 commento:

Anonimo ha detto...

meds.
subito.
che sono passate troppe ore.
"e guarda che ti guardo".